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di Marco Valenti

libroguerriero.wordpress.com, 1 gennaio 2024

Ci prendiamo una pausa dai romanzi, per affrontare un tema particolarmente toccante, uno di quelli che da sempre considero fondamentali nel farmi un giudizio sul grado di civiltà di un paese. La carcerazione, o meglio le condizioni a cui sono costretti i condannati, sono una delle discriminanti che credo possano essere viste come gli strumenti che possano permetterci di capire quanto siamo realmente sensibili ad una tra le dinamiche socialmente più delicate. In altre parole è da come trattiamo coloro che identifichiamo come “minoranza” e che si trovano (temporaneamente o meno) in una condizione di disagio, che ci permette di capire dove viviamo e chi siamo.

“Parlami dentro. Oltre il carcere: lettere di (r)esistenza” è un testo che nasce dal tentativo di immedesimarsi nelle vite altrui, in questo caso in quelle dei carcerati. Tentativo tutt’altro che facile e indolore in generale, ancor di più nella specificità in questione. Cercare di dare luce a chi vive al buio, dare voce a chi è afono, portare al centro della stanza chi abitualmente è nascosto in un angolo. Questo il tentativo che sta dietro al libro.

Tutto nasce nel momento in cui viene chiesto, a quella che siamo soliti individuare come “società civile”, di scrivere una lettera a una persona sconosciuta, tra le tante detenute in carcere. Una lettera con cui provare a creare un rapporto volto a lenire il dolore della permanenza forzata tra le mura delle celle, ma anche per dare stimolo, forza e speranza, a chi un domani non troppo distante si ritroverà a vedere espiata la propria condanna.

Alla fine si tratta di persone come noi, che hanno sicuramente commesso degli sbagli, e che per questo stanno pagando, ma che dobbiamo pensare come futuri uomini liberi, pronti a rivendicare la propria presenza all’interno della società. Contattarli, renderli partecipi di ciò che accade fuori, può e deve essere visto come il primo passo in attesa della scarcerazione.

Da un punto di vista strettamente letterario non c’è molto da dire, ciò che conta in questo volume è la forza delle parole, capaci di superare gli ostacoli che fisicamente separano i detenuti dall’esterno, e di concedere loro una seconda possibilità. Non un post sui social, frettoloso e freddo, ma una lettera cartacea, vera e propria, per riprendere un tessuto sociale smarrito da tempo.

In ogni città che abitiamo esiste una moltitudine di persone che fa delle parole la ragione di ogni giornata, che ha dovuto rinunciare alla libertà di uscire, di fare, ma non di sperare. Che ha commesso un errore, ma continua ad impegnare ogni energia per evolvere. […] una chiamata alle parole, un invito a condividere un gesto narrativo di resistenza: scrivere una lettera ad una persona detenuta sconosciuta. Per consegnare un frammento di vita libera che si facesse stimolo, ispirazione, auspicio. […] Si auspica, dunque, che la permanenza in carcere attivi in ogni individuo un processo di elaborazione, cosicché il buio dietro le sbarre possa trasformarsi in una risorsa: la presa di consapevolezza dei misfatti commessi può indurre il soggetto, attraverso un adeguato percorso di rieducazione, ad assumere condotte sane e oneste una volta rilasciato nella società civile. Il libro è uno spiraglio che restituisce tenerezza e fiducia a corpi e anime che talvolta sono stati segnati dalla depravazione, ma che in fondo aspirano a essere ascoltati e riconosciuti come essere umani.”

Il testo è stampato senza scopo di lucro, e sarà donato gratuitamente a alcune migliaia di persone detenute nei vari penitenziari italiani, e diffuso nelle scuole, in modo da stimolare dialoghi e riflessioni sulle tematiche emerse, e sull’importanza di prefiggersi obiettivi positivi che possano nutrire l’anima. L’intero ricavato sarà devoluto a sostegno di progetti educativi a favore delle persone detenute.

“Solo chi è davvero libero può veramente comprendere chi libero non lo è più”.