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di Errico Novi

Il Dubbio, 18 ottobre 2023

“Ero presidente della commissione Giustizia. La scena era sempre la stessa: appena arrivava a Montecitorio un progetto di legge in materia penale, i deputati dei vari partiti mi si avvicinavano e mi rivolgevano una sola domanda: ma se approviamo questa riforma, quanti voti prendiamo?”. Gaetano Pecorella, parlamentare di Forza Italia per quattro legislature e soprattutto tra i maestri dell’avvocatura penale italiana, di cui è stato leader anche come presidente dell’Ucpi, non è afflitto da snobismo intellettuale: semplicemente parla da giurista.

Da avvocato che ha iniziato i propri studi “sul codice del 1930” e li ha proseguiti “fino al codice del 1988 e alle sentenze con cui la Consulta è intervenuta anche sulla prescrizione. So bene”, dice con un sorriso un po’ sarcastico e un po’ amaro, “cos’è la prescrizione: la conseguenza di un’incapacità dello Stato nel celebrare un processo secondo i tempi dettati dalla Costituzione. Non certo una furbata del difensore o una scappatoia dell’imputato. La si dovrebbe smettere di giocare sulla prescrizione come se fosse una bandiera di partito, e approvare una volta per tutte una riforma solo perché la si considera la migliore possibile”.

Chiariamo subito l’equivoco: cosa pensa della proposta sulla quale il centrodestra, Azione e Italia viva sembrano aver trovato l’accordo?

Ha un difetto, anzi più di uno. Il più grave è che lega le sospensioni previste dopo le sentenze di primo e secondo grado all’eventualità che si venga condannati: significa cancellare la presunzione d’innocenza. Si è presunti innocenti anche se condannati in primo grado o in appello. Non si può legare la sospensione a una condanna non definitiva. Ma poi c’è un difetto più grave, di cui vorrei parlarle dopo.

Qual è allora il nodo, a proposito della prescrizione?

Il fatto che discende da un’incapacità del sistema giudiziario. Dai troppi magistrati fuori ruolo. Dalla tendenza del giudice a consumare tutto il tempo disponibile per poi affrettarsi quando il termine sta per scadere, col risultato di scaricare il peso di quella lentezza sul successivo grado di giudizio, in cui ci sarà pochissimo tempo. Si deve partire da qui: la prescrizione di un reato interviene perché c’è un vizio di sistema.

Non perché l’avvocato è così furbo da farla scattare o l’imputato è così ricco da potersi permettere un avvocato così furbo...

Ecco, no. Lei descrive la distorsione compiuta sull’istituto della prescrizione a partire dall’ingresso in politica del presidente Berlusconi, dalle aggressioni giudiziarie che ha subito. È da quel momento in poi che la prescrizione è diventata una bandiera politica. Dei garantisti, che invocano processi brevi, e di quelli per i quali un imputato va giudicato sempre e comunque, a costo di tenerlo sotto processo per decenni.

Ed ecco il tira e molla delle riforme...

Che ha compromesso la stabilità del sistema. Saltano i principi di legalità e tassatività, travolti da un continuo gioco delle tre tavolette. Prima con la riforma Orlando si è intervenuti sul piano del diritto penale sostanziale, con Bonafede si è precipitati nella durata potenzialmente infinita, con Cartabia siamo passati al diritto penale processuale, ora si torna al penale sostanziale: vi sembra che si possa legiferare così?

No, oggettivamente no...

E poi c’è l’altra manipolazione, di cui ho già detto: subordinare all’esito di una certa fase del giudizio lo stop al decorso della prescrizione cancella la presunzione d’innocenza, ma soprattutto il senso dell’istituto, che sancisce il diritto a non essere giudicati qualora trascorra un certo tempo dall’epoca del reato. A proposito dei rimedi per contrastare la lunghezza dei processi, ce n’è uno che fa storcere il naso non solo ai magistrati ma anche a una parte dell’avvocatura.

A cosa si riferisce?

Alla necessità di celebrare i processi non solo di mattina ma anche di pomeriggio. Il giudice non può considerare la seconda metà della giornata come utile solo agli eventi del Rotary.

Negli anni la prescrizione è stata fatta passare per abuso di difesa.

Assurdo. Il difensore ha il diritto di poter impugnare una sentenza in nome del proprio assistito. Diritto che peraltro viene ormai aggirato, innanzitutto in Cassazione, col meccanismo dell’inammissibilità sancita dalla famigerata settima sezione. Oltretutto, quando il ricorso dinanzi al giudice di legittimità è dichiarato inammissibile, il tempo trascorso dalla sentenza d’appello non vale più ai fini della prescrizione: per dire che paliamo di un istituto in cui agiscono tante variabili. Perciò ogni riforma dovrebbe guardare al quadro complessivo.

Ma insomma, questo sostanziale ritorno alla legge Orlando?...

La Orlando era stata bersagliata dalle critiche. Ho visto che la segretaria del Pd Schlein si è lamentata, dice che così i reati non saranno più puniti... Come se fosse normale restare sotto processo per vent’anni. Comunque, penso che il ritorno alla Orlando sopravviverà poco: non appena andrà prescritto il processo a qualche politico, le norme sulla prescrizione cambieranno di nuovo. Si fidi.

Sull’impeto giustizialista pesa l’idea, diffusasi nell’era Berlusconi, secondo cui le riforme della giustizia servono a tutelare il leader che le promuove?

Guardi, sicuramente la vicenda Berlusconi ha inciso sul sistema politico, sull’opinione pubblica. Si è creato un riflesso condizionato per cui le riforme della giustizia sono percepite sempre come uno scudo per la politica. E in effetti è vero che alcune leggi in materia penale vennero da noi approvate perché tutelavano il presidente Berlusconi: ma ci si trovava di fronte a un’aggressione della magistratura e al baratro politico che si sarebbe spalancato se quelle aggressioni avessero prodotto la caduta del governo.

Fu un errore, dunque, approvare quelle leggi?

Fu inevitabile. Però è vero che quelle leggi hanno innescato la distorsione percettiva di cui le ho detto. Dobbiamo contrastare questo pregiudizio, far capire che le leggi rispondono alla necessità di far funzionare meglio il sistema. Certo, arrivarci sarà difficile, se si continuerà invece a concepire le leggi in modo che funzioni meglio il consenso dei partiti. Pensi a quante modifiche sono intervenute sulla legittima difesa: secondo lei i cittadini hanno capito quando sono nel diritto di difendersi?

C’è da dubitarne. Ma anche l’emendamento del centrodestra sulla prescrizione apparirà strumentale?

Come le accennavo, lì c’è il solito problema: la prescrizione deve decorrere dal tempo del reato ma poi dovrebbe variare rispetto a ciascuna fase del procedimento, primo grado di giudizio incluso. Così la finiamo col giochino delle sospensioni. Ogni magistrato sia responsabile del tempo che impiega a completare il proprio lavoro. E si ricordi che quel tempo dev’essere ragionevole.