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di Simona Musco

Il Dubbio, 11 agosto 2023

Per il penalista, il decreto intercettazioni è “un massacro delle garanzie” ed un provvedimento “incostituzionale”. “Nordio decida: o dimostra chi è o vada via”. Nordio? “Un ministro di copertura”. Il decreto sulle intercettazioni? “Un massacro delle garanzie, incostituzionale”. Per Gaetano Pecorella, penalista e già presidente della Commissione Giustizia alla Camera, non ci sono dubbi: non esiste alcuna possibilità che questo governo realizzi quello che, almeno a parola, era il programma garantista del Guardasigilli sulla giustizia. E all’interno dell’esecutivo, l’unico partito liberale, ovvero Forza Italia, non ha più alcun potere, perché sprovvista di un “vero leader”: “Chi avrebbe il coraggio di dire a Meloni che questo decreto non si può votare?”.

Il governo ha allargato per decreto il perimetro delle intercettazioni: cosa ne pensa?

Dal punto di vista delle garanzie è un massacro. A partire dal metodo usato e anche in relazione alla possibilità dell’applicazione retroattiva di una norma che incide sui diritti fondamentali della riservatezza e della persona. A mio avviso, si tratta di una legge incostituzionale, perché interviene su una questione giudiziaria che risale a quasi un anno fa, per cui non urgente, e perché la norma transitoria ritiene che questa legge sia applicabile ai procedimenti in corso.

Vede contraddizioni tra gli annunci del ministro Nordio e le sue azioni concrete?

Nordio ormai si rivela un ministro di copertura. Prima esce con delle improvvisazioni che non sono sicuramente la linea del governo, come quella relativa al concorso esterno, poi si accredita come ministro e dietro l’immagine del garantista fa passare leggi che garantiste non lo sono affatto. Essendo uno dei pochi magistrati aperti ai diritti individuali, fa da copertura ad una politica assolutamente contraria ai principi costituzionali. Una cosa che avrebbe dovuto capire subito: non può esistere un governo di estrema destra che abbia una politica giudiziaria orientata ad aumentare le garanzie. Credo che nel momento in cui è entrato nel governo o si illudeva - ma mi pare difficile, perché è un uomo intelligente - o pensava di poter forzare la politica giudiziaria di un intero esecutivo, nonostante sia composto da ministri che vengono da Alleanza nazionale. Come pensava di poter fare da solo una politica giudiziaria veramente liberale? C’è una contraddizione insanabile.

Nordio aveva dichiarato che si sarebbe dimesso nel caso in cui non avesse avuto la libertà di essere ciò che ha sempre dichiarato di essere, ma oggi rivendica coerenza. È una conseguenza della volontà di Meloni di non scontentare le toghe?

Io credo che l’esperienza passata dei governi che hanno preso una posizione non gradita alla magistratura, anche per ragioni legate alle proprie vicende giudiziarie, dimostri che la magistratura sa essere più forte della politica. Vorrei tornare ad un dato di cui non ci si ricorda mai: l’eliminazione dell’immunità. Nel momento in cui la politica si è privata di qualunque scudo contro l’intervento della magistratura - magari destinato a finire nel nulla ma capace di creare grossi effetti politici - ha rinunciato a difendersi. Credo che a Meloni non interessi nulla di proteggere i diritti individuali, anzi, essendo di impronta autoritaria considera lo Stato come punto di riferimento e non certo l’individuo, com’è invece scritto nella nostra Costituzione. Le interessa proteggere il suo governo, andare avanti e creare le condizioni per restare a Palazzo Chigi sicuramente tutta la legislatura e probabilmente anche la prossima. Perché fare la guerra alla magistratura quando ciò che interessa è stare al governo?

Che scelta ha Nordio?

Può scegliere se abbandonare il grande potere che ha un ministro come quello della giustizia o restare lì continuando a dire io sono garantista e ve lo dimostro con i miei interventi. Nell’immaginario è ancora un garantista, grazie alle sue dichiarazioni, ma poi il governo fa altro. Pensa di poter proteggere la sua immagine, il suo essere diverso, ma credo che prima o poi dovrà fare i conti con la realtà. Qualcuno gli dovrà pur chiedere conto di tutto quello che ha promesso e di tutto quello che non ha fatto.

Potrebbe essere Forza Italia il soggetto a presentare il conto? L’agenda dei forzisti coincide con quella ipotetica del ministro...

Credo che FI oggi sia, purtroppo, un partito molto debole. Ha più o meno la stessa posizione di Nordio: si chiede dove sia finito il garantismo del ministro ma al tempo stesso vota queste leggi. O FI ritiene di spaccare il governo, uscirne e allearsi eventualmente con l’opposizione facendo una sua politica autonoma - unica possibilità, forse, che ha per sopravvivere alla scomparsa di Berlusconi portando avanti veramente le sue idee garantiste -, o rimane lì e pur non dicendosi d’accordo vota come pretende il governo, finendo per fare la stessa figura che sta facendo Nordio. Dovrebbe avere la forza e il coraggio di fare delle scelte e dire che c’è una violazione costituzionale, su questo decreto, perché non ci sono ragioni di necessità e di urgenza, invitando il governo a presentare una legge e a discuterne in Parlamento. Potrebbe essere un atto di forza e di intelligenza, ma ci vogliono dei veri leader per fare queste cose.

In questo momento non ci sono?

Direi proprio di no. Chi ha il coraggio di fare un discorso di questo genere? Invece di mugugnare avrebbe dovuto assumere una posizione rigida, chiedendo l’eliminazione della norma transitoria, del metodo del decreto e passando alla proposta di legge, ma questo nessuno l’ha detto. Alla fine si nascondono tutti dietro la necessità di salvare il governo, di andare avanti. Non si può pretendere che un governo autoritario possa essere anche liberale. E tutte le leggi fatte finora sono illiberali, a partire dal primo atto, il decreto rave. Si va avanti esattamente sulla stessa linea. E questo senza nemmeno fare una legge per coprirsi le spalle, lì dove si potrebbe avere il consenso della magistratura, come nel caso dell’avvocato in Costituzione. Quindi o Forza Italia, essendo una componente indispensabile del governo, punta i piedi su alcune cose, oppure avremo cinque anni di leggi illiberali. Ma se non ci riuscì Berlusconi a fare una riforma per portare a compimento il modello accusatorio figuriamoci se può riuscirci oggi FI con un leader che non ha la sua forza.

Non ci sono possibilità di portare a casa la separazione delle carriere, dunque?

È già partita con il piede sbagliato: non ci saranno mai i voti sufficienti con il meccanismo della riforma costituzionale. Non credo che questo governo la farà mai, anche perché questo è davvero un punto nevralgico per i magistrati. Primo perché tocca la compattezza della magistratura come forza politica, dividendola in due, e togliendo al pm la credibilità che ha oggi, come se fosse un giudice, secondo perché incide sulla carriera dei magistrati. È davvero una riforma che tocca il potere della magistratura: sarà impossibile realizzarla.