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di Tiziana Maiolo

Il Riformista, 19 marzo 2022

Una sentenza della Consulta del 2021 ristabilisce un principio costituzionale abolito dal governo Monti. Dopo un anno arrivano i primi sms dell’Inps agli interessati e “Il Giornale” grida allo scandalo.

L’allarme arriva dal Giornale, che definendo “sentenza choc” un pronunciamento della Corte Costituzionale del 2021 sulle pensioni sociali da estendere anche ai condannati per gravi reati, fa propria la preoccupazione dell’Inps, che potrebbe presto “essere travolta di richieste”. Dov’è lo scandalo, se persone povere e disoccupate, spesso disabili e bisognose di assistenza e di aiuto per la sopravvivenza, li ottengono da parte dello Stato? Il vero scandalo, sanato dall’Alta Corte e dal relatore Giuliano Amato, un anno fa, quando non era ancora Presidente, era annidato nella legge ora dichiarata incostituzionale, dopo che era stata sollevata la questione di legittimità dai tribunali di Roma e di Fermo.

La norma - ma guarda un po’ - era del 28 giugno 2012, quando il governo Monti, elegante e democratico, aveva già scalzato quello dei brutti e cattivi di Silvio Berlusconi. E faceva parte della “legge Fornero”, quella che ha riformato il mondo del lavoro, proprio quella che avrebbe dovuto includere, tra l’altro, i soggetti fragili e anche le donne. Una sorta di fiore all’occhiello, insomma, dopo quella sulle pensioni che aveva aperto una ferita nella sensibilità della stessa ministra.

Quella parte della norma poi riformata dalla Consulta, era davvero scandalosa, e forse passata inosservata ai più, perché in Italia esistono minoranze come i detenuti o i condannati, che sono più minoranze degli altri. Imponeva infatti la revoca di una serie di prestazioni assistenziali nei confronti di persone condannate per reati “di particolare allarme sociale”.

Naturalmente stiamo parlando solo di coloro che ne avrebbero comunque avuto diritto, che avevano i requisiti, di tipo economico e sociale, per essere assistiti e aiutati dallo Stato. Ma, se si trattava di condannati per fatti di terrorismo o di criminalità organizzata, ecco che calava la scure di Monti e Fornero. E del Parlamento intero. Se qualcuno, magari di sinistra o del mondo cattolico, si accorse, mentre votava in aula, dell’incostituzionalità e della disumanità della norma, ci piacerebbe saperlo. Ma è stata votata.

L’ha notato però l’Alta Corte, in seguito ai ricorsi dei due tribunali, e il 2 luglio di un anno fa, ha dichiarato illegittima la norma nella parte in cui la revoca dei diritti riguarda persone che “scontino la pena in regime alternativo alla detenzione in carcere”. Nel comunicato della stessa Corte e del relatore Giuliano Amato si diceva che quell’esclusione dei condannati per fatti gravi “contrasta con gli articoli 3 e 38 della Costituzione”, soprattutto ogni volta che al condannato veniva applicata una pena alternativa al carcere.

È una sottigliezza, ma la Corte Costituzionale aveva ragionato in questo modo, molto sensato: “È irragionevole che lo Stato valuti un soggetto meritevole di accedere a tale modalità di detenzione e lo privi dei mezzi per vivere, quando questi sono ottenibili solo dalle prestazioni assistenziali”. Non è un caso il fatto che Giuliano Amato (con qualche titolo in più di quel tal pm del pool Mani Pulite) fosse chiamato “dottor Sottile”. Ma in questa circostanza possiamo anche dire che la Corte Costituzionale ha svolto quella funzione di Stato sociale che sarebbe spettata al governo e al parlamento. E quanta saggezza nel dire che “sebbene queste persone abbiano gravemente violato il patto di solidarietà sociale che è alla base della convivenza civile, attiene a questa stessa convivenza civile che ad essi siano comunque assicurati i mezzi necessari per vivere”. Quanta saggezza, davvero.

Stiamo parlando, sia chiaro, non di regali o privilegi, ma della revoca attuata dalla Legge Fornero dei seguenti diritti di cui il condannato era titolare: indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili. È welfare allo stato puro, è il mondo dei diritti!

Ora si pone però un problema, perché la sentenza della Corte Costituzionale n. 137 è stata depositata il 2 luglio 2021, quasi un anno fa. E, a quanto scrive il Giornale, l’elefantone lento dell’Inps si sta muovendo solo ora, con l’invio di un sms alle persone cui dovrebbe essere ripristinato il diritto che era stato cancellato dalla legge del 2012. C’è da chiedersi in che modo siano riuscite a vivere, o a sopravvivere nel frattempo, queste persone.

Noi siamo scandalizzati per quella vergogna di cui si sono macchiati dieci anni fa il governo Monti, la ministra Fornero e il Parlamento intero. E siamo anche un po’ sconcertati del fatto che il Giornale diretto da Augusto Minzolini (sincero garantista) definisca “choc” la sentenza-welfare da Stato di diritto della Consulta, invece di strillare perché dieci anni fa erano stati maltrattati disoccupati e invalidi civili. Mafiosi e terroristi, e allora? Non avevano gli stessi diritti di sopravvivenza di tutti noi? Un po’ scandaloso anche il fatto che l’Inps mandi solo oggi un sms, che avrebbe dovuto partire il 3 luglio 2021, subito dopo la sentenza che ripuliva quella legge da Stato totalitario.