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di Mario Di Vito

Il Manifesto, 13 ottobre 2023

Il ministro vuole acquisire notizie di stampa e post sui social. Ancora mistero sul video. Piantedosi: “Non viene dalla questura”. Non è un’ispezione. Non è un provvedimento disciplinare. Non è nemmeno l’inizio di un iter di qualsivoglia natura. Per ora si sa soltanto quello che non è l’interessamento del ministero della Giustizia per le attività di Iolanda Apostolico.

Secondo Nordio è un atto dovuto che non dovrebbe scandalizzare. Insomma, “a seguito di quattro interrogazioni parlamentari”, dice il ministro, “essendo doveroso rispondere”, è stato dato “mandato alle articolazioni competenti del ministero di acquisire articoli di stampa e pubblicazioni sui social media” che riguardano la giudice di Catania. I punti del contendere sono due: le mancate convalide del fermo nel centro di Pozzallo di otto richiedenti asilo - e conseguente supposta inapplicabilità del decreto Cutro - e la partecipazione di Apostolico alla manifestazione che il 25 agosto del 2018 portò tremila persone a chiedere lo sblocco dei 150 migranti costretti a bordo della nave Diciotti al porto di Catania.

A prendere per buona la versione di Nordio, le “articolazioni competenti” di via Arenula stanno facendo solo lo stretto indispensabile per consentirgli di andare prima o poi in aula a rispondere alle domande poste dai parlamentari. Però, dal momento in cui Apostolico è notoriamente al centro della polemica politica ormai da due settimane, una mossa del genere non si può non aggiungere all’ormai corposo pattern di pressioni sulla giudice: dalla discussione sull’opportunità della sua presenza a una manifestazione pubblica (con tanto di ripetute richieste di invio degli ispettori) fino al presunto dossieraggio che ha portato un video - girato non si sa bene da chi ma di certo pubblicato su X da Salvini - a scatenare l’orda più o meno minacciosa dei social network.

E sull’ormai famigerato video il mistero permane fitto e assurdo come in una commedia. Rispondendo a un’interrogazione presentata dal Pd, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha ribadito la confusa linea del governo, ricordando che la ripresa “non proviene da documentazione della questura di Catania” e che “in alcuno degli atti redatti all’epoca dal personale impiegato nei servizi di ordine pubblico e a seguito dei fatti verificatisi nel corso della manifestazione è menzionata la dottoressa Apostolico”. E comunque, aggiunge Piantedosi, tutto il materiale è stato archiviato “senza individuare responsabilità penale da parte dei partecipanti alla manifestazione”.

A proposito di archivi, inoltre, il ministro ha anche voluto chiarire qualche dubbio sull’uso che si fanno delle immagini raccolte durante i cortei e i presidi. O almeno ci ha provato. “Gli uffici di polizia non detengono, né tantomeno conservano video o immagini non ufficiali - ha detto - e, per quanto riguarda le riprese non utili effettuate durante i servizi di ordine e sicurezza pubblica, non esiste un archivio informatico o una banca dati per la loro conservazione. Sottolineo infine che le immagini video raccolte dalla polizia di Stato non sono sottoposte a elaborazioni informatiche a fini identificativi”.

Tutto questo comunque non ha soddisfatto il Pd, che in una nota firmata dai senatori Anna Rossomando, Walter Verini, Alfredo Bazoli e Franco Mirabelli attacca: “Le mancate risposte del ministro Piantedosi in merito alla vicenda del video diffuso dal ministro Salvini, sono state imbarazzanti. Semplicemente Piantedosi non ha risposto a nessun quesito e il governo prosegue su una linea che rischia di mettere in discussione separazione dei poteri e indipendenza della magistratura. A queste omissioni si aggiunge una difesa impossibile di leggi indifendibili come il dl Cutro in contrasto con normative europee e che era del tutto prevedibile sarebbero state inapplicabili”.

Al di là della giornata parlamentare, il carabiniere che inizialmente era stato individuato come autore del video ad Apostolico continua a difendersi e a negare non solo di essere stato lui, ma anche di averlo ammesso. “Il mio assistito non ha confessato nulla e di conseguenza non può aver ritrattato - ha spiegato l’avvocato Christian Petrina -. Peraltro in questi casi ci sono delle procedure previste dalla normativa militare da seguire”.

In realtà, però, non ci sarebbe alcuna relazione di servizio stilata dal carabiniere, che, secondo quanto è stato possibile ricostruire, è stato tirato in ballo da alcuni suoi colleghi. Sulla vicenda, ad ogni buon conto, esistono due inchieste in corso. Una a Roma (in seguito a un esposto presentato dai Verdi) e un’altra in Sicilia: dalla Capitale gli atti sono stati inviati a Catania, ma essendo coinvolta una giudice di quel tribunale, le pratiche saranno seguite dalla procura di Messina.