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di Rossana Linguini

Elle, 24 novembre 2022

È quanto sostiene con forza Lucia Annibali. Non è stata rieletta in Parlamento, ma la sua battaglia in nome delle donne continua. Da quel 16 aprile del 2013, quando Lucia Annibali fu aggredita con l’acido per volere del suo ex Luca Varani, sono passati quasi dieci anni, venti interventi di ricostruzione al volto e una sofferenza indicibile, che l’ex avvocata di Pesaro ha trasformato un giorno dopo l’altro in impegno contro la violenza di genere.

Mostrando le sue cicatrici e raccontandole nel libro autobiografico “Io ci sono. La mia storia di non amore”, incontrando migliaia di studenti e detenuti, lavorando dai banchi del Parlamento, dove è entrata nel 2018 con il Pd per poi passare a Italia Viva. Nell’agosto del 2021, per fare un esempio, ha fatto approvare un emendamento alla legge delega di riforma del processo penale che prevede l’arresto in flagranza per stalker e maltrattanti che trasgrediscano il divieto di avvicinamento alla persona offesa o di allontanamento dalla casa familiare. “È una misura importante, ma per poter essere davvero efficace avrebbe dovuto essere coordinata con un’altra norma contenuta in un disegno di legge contro la violenza sulle donne presentato a novembre del 2021 dalle ex ministre del governo precedente, che purtroppo è rimasto incagliato al Senato”, dice l’ex deputata, che il 25 settembre non è stata rieletta in Toscana, dove era candidata con Azione - Italia Viva.

Che cosa prevedeva?

“Un pacchetto d’interventi preventivi che rafforzano la protezione delle vittime nella prima delicata fase che segue la denuncia, andando a colmare un vuoto che si verifica dopo la richiesta d’aiuto e anticipando la presa in carico della donna; s’introdurrebbe, per esempio, la possibilità di procedere d’ufficio in caso di atteggiamenti violenti, o il rafforzamento del sistema del braccialetto elettronico. Per fortuna, la deputata Elena Bonetti, ex ministra delle Pari opportunità, lo ha riproposto in questa legislatura”.

Malgrado leggi, campagne di sensibilizzazione e maggiore consapevolezza sul tema, i numeri dei femminicidi non diminuiscono: che cosa sbagliamo?

“La sensazione è che si arrivi sempre un po’ troppo tardi, che non si sia capaci di dare un aiuto immediato, di capire le storie. Dopo c’è sempre una ragione per giustificare quello che accade, per dire che per un certo caso non si poteva fare di più, e ogni volta quel di più che manca porta a perdere una vita, o a comprometterne la qualità. È come se non ci fosse una lettura consapevole di ciò che sta a monte di queste violenze”.

A cosa si riferisce?

“Questi rapporti hanno in sé un elemento di potenziale pericolo cui la vittima è esposta quotidianamente, al di là dei singoli episodi violenti. È evidente che davanti a una denuncia bisogna fare tutti gli accertamenti e le indagini necessarie, ma non si può aspettare che succeda qualcosa per agire, perché quel qualcosa è quello che dobbiamo evitare. E quando una donna che aveva denunciato torna sui suoi passi, non possiamo pensare che la situazione sia rientrata, perché di solito è esattamente il contrario: queste storie sono fatte di ripensamenti e di ritorsioni, è il ciclo della violenza”.

La Commissione europea propone una legge che unifichi le normative sulla violenza di genere e introduca un inasprimento delle pene: cosa ne pensa?

“Un impegno europeo non può che dare maggior vigore alle politiche dei singoli Stati, ma in generale la questione dell’inasprimento delle pene non incide sulla prevenzione: quando arrestiamo chi compie una violenza è già tardi. Nel nostro Paese le leggi ci sono, anche il cosiddetto Codice rosso ha aumentato le pene e introdotto nuovi reati ma, ripeto, credo che quello che serve sia il rafforzamento della protezione di chi denuncia”.

Si comincia finalmente a parlare di violenza economica, particolarmente insidiosa in un momento di crisi come questo in cui a pagare il prezzo più alto sono le donne…

“Questo tipo di violenza poco riconosciuta, fatta di atti quotidiani che privano la donna delle risorse economiche all’interno di una famiglia, impoverendola e isolandola, è stato ancora più pressante dopo la pandemia, cosa che mi ha portata a spingere per un emendamento al decreto Rilancio che introducesse il “reddito di libertà”, un sostegno economico alle vittime di violenza in stato di necessità per il quale sono stati stanziati complessivamente 9 milioni di euro. E per il quale speriamo la prossima legge di bilancio stanzi nuovi fondi”.

La neo ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari opportunità Eugenia Roccella ha detto che il suo dicastero, da tempo riferimento anche per il mondo Lgbtq, tornerà a occuparsi di donne: è una buona notizia?

“Penso che una donna si realizzi prima di tutto come individuo, non necessariamente con la natalità e facendo figli, dunque non mi piace molto l’idea che donna e famiglia siano concetti indivisibili. Le Pari opportunità sono tante cose, credo sia importante non separare mai il tema della violenza dal resto, perché la violenza rispecchia la struttura sociale ed economica di un Paese. Detto questo, le auguro di lavorare bene sul tema di diritti e pari opportunità, riuscendo a reperire risorse da dedicare, che resta sempre il vero problema”.