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di Francesco Grignetti

La Stampa, 22 febbraio 2024

Il procuratore Gratteri: “Bisogna escludere i condannati per mafia e terrorismo”. La situazione delle carceri è davvero grave e il governo se n’è reso conto. Già oggi il sovraffollamento è vicino al livello di guardia, con quel che ne consegue in termini di sofferenze dei detenuti, disumanità, carenze di trattamento, e anche insicurezza dentro le strutture. Gli ultimi dati dicono che in carcere ci sono 60.814 persone, e i numeri aumentano al ritmo di 400 detenuti in più ogni mese. Ma soluzioni miracolistiche non ce ne sono. Ed ecco che sta maturando una svolta copernicana dentro il governo: non c’è altro da fare che varare un provvedimento svuota-carceri.

Il veicolo legislativo è già partito. Da qualche giorno è iniziato l’esame alla Camera di un ddl a firma di Roberto Giachetti, Italia Viva, che innalza il premio per buona condotta da 45 a 60 giorni per ogni semestre di detenzione. In altri tempi, la maggioranza di destra-centro lo avrebbe osteggiato in ogni modo. Stavolta no. Basta sentire quel che ne dice Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri, meloniano di ferro: “Non sono un talebano, e quindi non dico di no all’aumento dello sconto di pena. Se ne può parlare, purché ci sia un paletto per noi non trattabile: se un detenuto ha aggredito il personale penitenziario, questo comportamento è il contrario della buona condotta e quindi va escluso in maniera tassativa che tipi così possano beneficiare di un premio ulteriore”. D’altra parte questo governo ha appena annunciato di voler aumentare le pene in caso di aggressione al personale penitenziario; sarebbe contraddittorio far finta di niente quando si fanno i conti con la buona condotta.

Le parole di Delmastro segnalano un’inversione di rotta. A sentirle, il primo a fare un salto sulla sedia è stato il procuratore capo di Napoli, Nicola Gratteri, magistrato notoriamente inflessibile, che qualche giorno fa partecipava a una cerimonia pubblica assieme al sottosegretario e alla presidente della Commissione Antimafia, Chiara Colosimo. “Allora state trattando in Parlamento sull’aumento dello sconto di pena?”, è sbottato. “Non prevedete nemmeno un’esclusione per i condannati di mafia e terrorismo?”. Risposta secca di Delmastro: “Non stiamo affatto trattando”. In effetti il termine più esatto è che a destra stanno valutando, ma la novità è che sono apertissimi a questa scappatoia escogitata da Giachetti, la quale permetterebbe, cancellando un mese di detenzione in più per ogni anno trascorso in cella, di rivedere i grandi numeri tra i detenuti.

Come ha confermato peraltro anche la relatrice del provvedimento, Carolina Varchi, FdI, che affianca il relatore Giachetti, quando si è riservata di esprimere le sue valutazioni di merito, sentito il gruppo di FdI, “nel seguito dell’esame”. Di sicuro l’idea del bonus non piace al destra-centro, ma c’è ben poco da fare d’altro. I tassi di sovraffollamento crescono e dietro l’angolo c’è la procedura di infrazione europea. Di contro, i tempi per far aumentare i posti detentivi sono lentissimi. Il direttore dell’Amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo, ha appena chiarito che se tutto andrà bene tra 2025 e 2026 ci saranno appena 4000 posti in più nelle carceri italiane. Ma il problema è esplosivo qui e ora, e aumenta a ritmi vertiginosi. Se i detenuti sono sempre di più, insomma, non si può certo dire che aumentano allo stesso ritmo i posti letto, né gli organici della polizia penitenziaria o quelli del personale del Dap. Così la vita interna alle celle è sempre più pesante, ma anche più fuori controllo. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ieri ha presentato una fotografia allarmante di quel che accade dietro le mura degli istituti. Stanno dilagando i telefoni cellulari che entrano illegalmente nei penitenziari. Secondo i dati dello stesso ministero, nei primi 9 mesi del 2020, sono stati ben 1.761 gli apparecchi rinvenuti nelle carceri italiane, requisiti all’interno o bloccati prima del loro ingresso.

L’unico contrasto efficace dello Stato potrebbero essere i “jammer”, ossia disturbatori di frequenza che inibiscano le comunicazioni e “schermino” gli edifici. “Non è - riconosce il ministro - un problema facile. In alcuni istituti si può anche fare, in altri mi sembra più difficile. Gran parte delle carceri è costituita da edifici vetusti, per i quali è difficile una schermatura circoscritta. Si pensi a Regina Coeli, che è piazzata nel centro di Roma. Le carceri dove questa schermatura funziona, sono piazzate in mezzo al deserto dell’Arizona o dello Utah o del Texas. Da noi bisogna essenzialmente intervenire sui controlli preventivi, con i metal detector”.