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di Marta Blumi Tripodi

Corriere della Sera, 27 aprile 2023

Paky, napoletano trapiantato fuori Milano, a Rozzano, ha all’attivo 700 milioni di streaming. Jul, marsigliese, è l’artista più ascoltato in Francia. Due ragazzi che vogliono cambiare le cose. Questo articolo è stato pubblicato sul numero di 7 in edicola il 21 aprile. Fa parte di una serie di servizi dedicati alle città. Come quello dedicato alla Milano dei Baustelle e sarà seguito, sul numero del 28 aprile, da due articoli dedicati ancora una volta a “Milano tra luci ed ombre”. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it

I primi segnali di una sinergia tra le banlieue francesi e le nostre periferie risalgono al 2015, quando i PNL (noto gruppo rap parigino) si recarono in trasferta a Scampia per girare il videoclip di Le monde ou rien, inaugurando una lunga serie di scambi culturali. Otto anni dopo, a detta di molti l’hip hop italiano assomiglia ormai più a quello d’oltralpe che alla versione originaria, nata in America a fine anni 70.

Affinità non solo musicali - Le affinità musicali, però, non fanno che rispecchiare quelle socio-economiche: complice la disoccupazione, la massiccia immigrazione dal Nord Africa, l’emergenza abitativa e una gioventù sempre più arrabbiata e disillusa, sono i quartieri popolari delle nostre città ad essere sempre più simili alle banlieue. Sono analoghe anche le storie di riscatto, come quelle dei rapper Jul e Paky. Marsigliese di origini corse il primo, napoletano trapiantato nell’hinterland milanese di Rozzano il secondo, hanno saputo ribaltare la sorte a loro vantaggio: in patria Jul è da due anni l’artista più ascoltato in assoluto, Paky potrebbe essere sulla buona strada per diventarlo da noi con i suoi 700 milioni di streaming. La stima reciproca li ha portati a collaborare nell’album Coeur Blanc di Jul, un progetto pubblicato nel 2022 e “nato per dimostrare che la nostra musica attraversa i confini, indipendentemente dal luogo di provenienza o dalla lingua” spiega lui, che in Paky riconosce il suo alter ego italiano.

Fratelli adottivi - “Jul è mio fratello, ne sono innamorato a livello personale e artistico” rincara la dose Paky. “Mi piace la sua estrema umiltà, il suo essere vero”. In effetti Jul è famoso per essere rimasto lo stesso di quando viveva a Marsiglia nei casermoni popolari intitolati a Louis Loucheur, eminente politico francese del secolo scorso: un luogo che il quotidiano La Provence ha definito “un inferno”. Per lui niente spese pazze o atteggiamenti da rockstar, ma un grande senso di gratitudine, tanto che fin da quando era un artista emergente è sua abitudine regalare i suoi album ai fan (l’ultimo, Album Gratuit Vol. 7 , è uscito a marzo 2023), “per ringraziare chi c’era fin dall’inizio, quando la mia quotidianità era molto precaria” racconta. “Facevo il manovale in cantiere oppure lo steward a chiamata allo stadio, e nel tempo libero registravo le mie canzoni con quel poco che avevo”. Un’esperienza frustrante e faticosa, ma “non è stata una perdita di tempo: mi ha aiutato a capire cosa volevo davvero, a raddoppiare i miei sforzi nella musica”.

Conti col destino - Anche per Paky la molla che lo ha spinto a investire su sé stesso è stata la voglia di cambiare il suo destino (lo racconta bene nel documentario Vita sbagliata , presentato a Rozzano il 24 marzo scorso), ma l’approccio è molto diverso: “A fare musica mi hanno spinto la rabbia e la fame, nient’altro” spiega con franchezza. “Spesso si dice che chi inizia a fare questo mestiere pensando di fare i soldi non va molto lontano: io invece ho iniziato per soldi, e se non li avessi fatti non sarei andato molto lontano comunque”. Le canzoni di entrambi raccontano di una realtà in cui manca anche lo stretto necessario per sopravvivere, e si rivolgono a chi vive lo stesso degrado e disagio.

Versi che non fanno sfoggio di lusso o privilegi, e sono ben lontani dal cliché del rapper circondato di auto, gioielli e donne. I rapper delle periferie italiane e quelli delle banlieue francesi hanno senz’altro un tratto in comune: preferiscono parlare a chi condivide gli stessi trascorsi e gli stessi problemi. Uscire dalla propria zona di comfort, fisicamente e metaforicamente, è complicato, perché non è detto che gli outsider siano disposti a capire. “Evito gli infami, gli stronzi che amano i ricchi/ Sappiate che prima di qualsiasi altra cosa sono povero, potete scipparmi solo il cuore” dice Jul nel testo di J’oublie tout. “Ora che il mio conto è roseo anche se ho pochi vocaboli/ Non son bravo coi verbi e fatico a coniugarli/ In classe coi figli del centro capii che non siamo uguali” rappa Paky nell’intro del suo album Salvatore.

Rime, parole e interviste - Fatta eccezione per le loro rime, i due sono famosi per essere parchi di parole, soprattutto con i giornalisti: le interviste concesse da Jul in Francia si contano sulle dita di una mano, e lo stesso vale per quelle rilasciate da Paky in Italia. “Non mi piacciono né le interviste né gli intervistatori, soprattutto le loro domande: mi fanno sentire come se fossi a un’interrogazione o a un interrogatorio” conferma Paky. “Forse sono solo consapevole che non sono davvero interessati ad ascoltare le risposte”. Per chi non ha vissuto realtà difficili come la cité Louis Loucheur o Rozzano (la cui incidenza criminale nel 2020 è stata classificata come “elevatissima” dalla Polizia di Stato) è difficile comprendere il perché di quei testi così crudi e di questa estrema diffidenza nei confronti degli esterni. Tra di loro, però, Paky e Jul si capiscono al volo. “I luoghi da ricchi, come Dubai o Manhattan, sono molto diversi tra loro, ma i quartieri disagiati sono tutti uguali” riflette Paky. Jul concorda: “La quotidianità che raccontiamo è la stessa, anche perché siamo europei e le nostre vite non sono così distanti”.

Prospettive diverse - L’unica grande spaccatura, forse, sta tra chi percepisce la periferia come una prigione e chi come un’opportunità. “Marsiglia è complessa, ma per me è un’ispirazione continua, una mentalità. Quando sono via, il suo melting pot mi manca immensamente” confida Jul, che è diventato involontario testimonial del suo ex quartiere: grazie a lui, oggi è pubblicizzato perfino sul sito dell’ufficio turistico della città. Rozzano appare molto meno suggestiva a Paky, nonostante anche nel suo caso sia diventata meta di pellegrinaggio di molti suoi fan. “Mi sento di dire che purtroppo non ha nulla di bello da vedere” chiosa. “Consiglierei di andare in gita al mare o in un museo: per ora a Rozzano c’è solo droga, se non volete quella non veniteci neanche. Mi piacerebbe che le cose cambiassero, però: con il mio team stiamo pensando a dei progetti per renderla un posto migliore”.