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di Emanuela Gatti

ilpiacenza.it, 12 ottobre 2023

Chiuso il processo iniziato nel 2016. Rachid Assarag, in carcere per violenza sessuale, denunciò di essere stato percosso. Agli atti un video del corridoio della sezione. Anche il pm ha chiesto l’assoluzione. Si è concluso dopo sette anni e con due assoluzioni il processo che vedeva imputati per lesioni aggravate Mauro Cardarelli e Giovanni Marro. I due, ex comandante del corpo e ispettore superiore della polizia penitenziaria, erano accusati di aver picchiato il detenuto Rachid Assarag alle Novate: due gli episodi distinti avvenuti la mattina e il pomeriggio del 16 maggio 2016. Il giudice Matilde Borgia ha deciso di assolverli entrambi, così come anche chiesto dal pm Emilio Pisante e ovviamente dagli avvocati Fabio Maria Giarda e Vittorio Antonini.

Al processo terminato il 10 ottobre 2023 si arrivò per un’imputazione coatta. Già all’epoca il pm chiese l’archiviazione ma l’avvocato di parte civile di Assarag (poi non più pervenuto nelle ultime udienze), si oppose, il fascicolo finì al gip che rigettò le richieste del pm e ordinò l’imputazione. Assarag arrivò a Piacenza dal carcere di Parma dove aveva introdotto dispositivi con i quali aveva registrato a loro insaputa agenti e detenuti (il caso finì alle Iene). Alle Novate rimase un mese e mezzo per poi andare a Bollate e infine a Sassari per aver aggredito alcuni poliziotti penitenziari. Da quanto emerso dagli atti, la sua storia carceraria (scontava nove anni per stupro) è costellata da decine di richiami disciplinari e denunce per resistenza, lesioni, danneggiamenti etc. Due le posizioni che si sono contrapposte: la parte offesa che sostiene di essere stata picchiata e invece la difesa che nega le percosse e le violenze, in mezzo c’è il video delle telecamere di sorveglianza del reparto di isolamento e che riprendono però solo il corridoio. Nel processo si tratta di due episodi distinti avvenuti il 16 maggio 2016: una nella mattina, uno nel pomeriggio

“La mattina del 16 maggio - ha spiegato Marro - si era messo su uno sgabello in mezzo all’uscio della porta della cella (episodio della doccia, già ampiamente scritto precedentemente). Quella porta era aperta per le visite che il medico eseguiva ogni giorno in quel reparto, ma doveva rimanere chiusa. Voleva essere accompagnato in bagno. A quel punto siamo intervenuti e io l’ho spinto dentro, lui ha preso le stampelle e ci ha aggredito. Lo abbiamo bloccato e lui ha cominciato ad urlare che lo stavamo massacrando, ma non è vero. Gli chiedevamo di smettere ma lui voleva sobillare gli altri detenuti.

L’articolo 41 dell’ordinamento giudiziario dice che non può essere fatto uso della forza fatto salvo per la resistenza passiva che in quel caso stava facendo. Quando si verificano situazioni del genere non ti devi preoccupare solo di quello che fa il detenuto ma pensare e prevenire quello che può accadere attorno, non si deve fare male né a lui ma nemmeno a noi o ai colleghi. Se si è in tanti è appunto per intervenire ad ogni evenienza specialmente in un reparto come quello, ma non ho mai picchiato quell’uomo”.

“Con Assarag avevamo cercato di instaurare un dialogo. Tentava di insinuarsi nell’amministrazione penitenziaria per tirare fuori anomalie e poi registrarle. Eravamo perfettamente consapevoli della pericolosità passiva perché tentava in ogni modo di mandare in crisi il sistema. In una cella ci si sta al massimo in cinque e si deve fare tutto in maniera rapida. Quella mattina mi sono detto: questo ci vuole tenere tutti qui e ci stiamo cascando, cosi può dire che lo abbiamo picchiato senza che questo fosse vero, dovevamo uscire. Eravamo in tanti non perché tutti dovessero agire ma per esserci in caso di necessità. Diceva e sosteneva di essere disabile, eppure - ha detto Cardarelli - ha sradicato uno spioncino in ferro che pesa alcuni chili e per farlo si deve stare in piedi, come è possibile allora?”.

“Di fronte a reati di questo tipo ritengo doveroso spendere tutte le energie, e così fu fatto tanto che il gip ritenne esaustive le indagini svolte. Il risultato sostanziale delle indagini posto alla base della richiesta di archiviazione è stato confermato anche in questa sede e ritengo che si debba escludere un doppio pestaggio cosi come descritto da Assarag in prima battuta. Quanto dichiarato successivamente invece è pieno di contraddizioni e sono parecchi gli elementi che stridono circa la sua versione”, ha spiegato Pisante nella sua requisitoria.

“Siamo di fronte a due posizioni opposte: uno dice di essere stato picchiato, l’altro no e come lui anche altri 10 testi dicono che non è avvenuto alcun pestaggio. Assarag - ha detto Antonini - parla di un complotto contro di lui ordito da tutta la polizia penitenziaria perché si batteva per i diritti dei detenuti. Ma la verità è un’altra: Assarag, se guardiamo alla sua storia carceraria, ha collezionato plurime denunce e richiami disciplinari, è stato trasferito in molte carceri, è un soggetto che non si è fatto scrupoli nell’introdurre in carcere dispositivi e con questi registrare a loro insaputa agenti e detenuti per poi formulare denunce che sono state tutte archiviate.

È un soggetto radicalizzato che fomentava gli altri a compiere disordini e questi sono dati inconfutabili. Marro chiama il medico perché la normativa lo impone non per precostituirsi un alibi. E sulla sproporzione tra il numero di agenti e un detenuto solo, il gip sbaglia: il requisito di proporzionalità nell’articolo della normativa vigente non c’è. E allora perché in tanti? Perché Assarag era in una sezione di detenuti problematici, lui stesso lo era, l’intervento poteva essere una miccia per situazioni ben più gravi, e pertanto andavano adottate misure idonee”. “L’esaustività delle indagini è emersa dal fascicolo e dai testi. Con Assarag - spiega Giarda - tutti hanno sempre cercato di tenere un atteggiamento accomodante, cercando di venirgli incontro: come farlo accompagnare per fare la doccia, fargli avere una carrozzina o una dieta personalizzata per fare alcuni esempi. A piacenza rimasto un messo un mese e mezzo durante il quale ha collezionato denunce e provvedimenti disciplinari”.