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di Antonella Soldo

Il Riformista, 6 settembre 2022

“Spatriati” è un libro politico. È un conforto che in tanti andranno a votare dopo averlo letto. Tra gli spiriti guida del vincitore dello Strega c’è Mariateresa Di Lascia, anche lei guardava lontano.

Ci sono le elezioni, lo so. Siamo nel pieno della campagna elettorale, lo so. E quando si avvicinano queste scadenze e c’è così poco tempo bisogna tirar dritto e non indugiare. Bisogna scegliere se stare con la Nato o con Putin, se fare il rigassificatore a Piombino, se i soldi del Pnrr vanno al sud oppure no. Eppure.

Eppure penso che oltre il racconto dei leader dei partiti, dei cronisti politici, dei sondaggisti e di tutto il resto, la politica in fondo è nient’altro che una domanda sull’uomo. E che per rispondere a questa domanda bisogna chiedere aiuto a chi ha occhi per guardare e parole per spiegare. Bisogna chiedere aiuto alla letteratura. Ho sbirciato la classifica dei libri più letti quest’estate in Italia e ho visto che Spatriati di Mario Desiati è stato tra i primi. Non c’entra nulla con il dibattito elettorale, e Desiati è quel tipo di persona che non si candiderebbe mai nemmeno a rappresentante del condominio, ma pensare che moltissime persone andranno a votare avendo ancora in testa quelle parole, almeno un po’ mi conforta. Perché quel libro è politico, politicissimo.

Non nel senso della letteratura impegnata, se ancora ce n’è in giro. No. Ma nel senso lieve, appunto, della domanda sull’uomo. E sulla donna. Mentre la discussione si fa più dura, e i cingolati delle argomentazioni si schierano già contro i “devianti” contro gli immigrati contro i fragili, contrapposti a ideali di cittadini più sani, forti “sportivi”.

Ecco mentre tutto questo già è diventato assordante penso a questa figura dello spatriato. Dell’incerto. Di quello che non ha più un posto preciso nell’ordine prestabilito dalla successione delle cose. È una figura classica per sentimenti, passioni, errori quanto un personaggio di Dostoevskij, eppure è attualissima. Circoscritta.

Perfettamente aderente a raccontare questa generazione di circa quarantenni nati una regione, la Puglia, che è diventata moderna, instagrammabile, a una generazione che ha pensato che la Puglia potesse essere “come la California” ed ha lasciato master a Bruxelles per aprire librerie coi fondi stanziati dalla giunta di Nichi Vendola. Una generazione che si è sbilanciata tra il mondo di sempre e l’Europa: Roma, Milano, Berlino, Londra. Che è cresciuta contaminata dalla migrazione albanese che a questa crescita ha fatto in qualche modo da traino. Portando l’elemento del nuovo, del diverso.

Mentre rimettevo a posto la mia libreria mi sono accorta di aver messo “Spatriati” accanto a “Patria” di Fernando Aramburu. Per un attimo li ho pensati insieme: da una parte la storia di giovani separatisti baschi che per difendere un’idea di Patria e di identità restringono così tanto i confini da non riconoscere più nemmeno i vicini di casa. E diventano violenti contro gli altri e condannano sé stessi e i propri cari a un ergastolo di dolore. Dall’altra la storia di giovani che riescono - non senza attraversare sofferenze a rendere la propria identità aperta. Ad accogliere il diverso degli altri e pure quello - all’inizio spaventoso- in sé stessi. A scalfire la diffidenza. Perché “con la diffidenza - che è l’incapacità di percepire la diversità degli altri - si chiude la porta a tutto ciò che è umano”, scrive Desiati.

Ecco che questa figura fragile dello spatriato può essere la risposta più forte alla domanda su una rivendicazione di identità senza violenza. Quando Desiati ha vinto lo Strega ha chiamato sul palco a condividere il premio i suoi spiriti guida. Gli scrittori pugliesi, a cominciare da Mariateresa Di Lascia e da Alessandro Leogrande.

La Di Lascia ha vinto il premio Strega con “Passaggio in Ombra” nel 1995. Ma non andò a ritirarlo perché pochi mesi prima un tumore se l’era portata via. A quarant’anni. Era giovane e al mondo della critica letteraria apparve come una cometa. Un grande sbalordimento, una scia luminosa, tanta curiosità per questa esordiente. E il grande dispiacere di non poterne sapere di più dalla diretta interessata. Per tutta la vita si era dedicata alla politica.

All’inizio pensava di fare il medico in qualche missione umanitaria e per questo si era iscritta a Medicina a Napoli. Poi lì incontrò i radicali. Per caso. Una volta andò a un comizio a cui c’era Gianfranco Spadaccia. “Non ricordo che cosa disse, ma ricordo di essere andata via da lì con una sensazione di felicità”. Votò radicali, poi si unì all’associazione napoletana, e da lì nel 1981 arrivò a Roma dopo essere stata eletta vicesegretaria in un congresso in cui prese la parola per criticare la linea di Marco Pannella. Lui la apprezzò e la volle come vice. Da quel momento la sua vita fu quella del partito. I referendum gli scioperi le battaglie per le carceri, l’impegno contro lo sterminio per fame, e per le vittime della guerra nella ex Jugoslavia. Fu, per un breve periodo parlamentare. “La politica come la facciamo noi è anche il nostro vivere. Non c’è niente a cui diamo forza se non ci carichiamo delle virtù”.

Tantissima attività ma anche riflessione: conferenze, seminari e tanti articoli su argomenti come la nonviolenza, la scienza le donne. Prima del romanzo qualche racconto: anche qui niente letteratura impegnata. Piuttosto un appello all’arte come tentativo di “ricomposizione dell’atomizzazione della realtà” come diceva Elsa Morante. Leggete Veglia la preghiera di una madre per il suo figlio assassino e troverete una delle più belle definizioni di giustizia.

Ogni volta, insomma, lo sforzo di andare un pochino più a fondo nelle proprie convinzioni, anche per scoprirne le crepe. Con Sergio d’Elia nel 1992 fonda Nessuno Tocchi Caino, un’organizzazione che si pone come obiettivo l’abolizione della pena di morte nel mondo. Nel 2007 l’Onu approva una moratoria universale sulle esecuzioni capitali, in questi oltre vent’anni anni molti paesi del mondo hanno cancellato la pena di morte dai propri ordinamenti e questo si deve anche a Mariateresa Di Lascia, che ha saputo guardare lontano.

In Spatriati uno dei due protagonisti a un certo punto torna a occuparsi dell’oliveto dei nonni, e pianta degli alberi di ogliarole che daranno i primi frutti dopo vent’anni e le prime olive le raccoglierà la sua figlioccia. “È folle piantare degli alberi che faranno frutti quando sarò vecchio. O forse la pazienza è solo una forma di umanità, quella dei miei antenati quando piantarono le ogliarole tra lo Ionio e l’Adriatico”. È la cosa più potentemente politica che mi è capitato di sentire negli ultimi tempi. Chissà quante delle proposte di questa campagna elettorale guardano a quanto saranno valide tra almeno vent’anni.

Il 27 agosto a Rocchetta Sant’Antonio è stato inaugurato un percorso di arte pubblica ispirato a Passaggio in Ombra a cura dell’artista Alessandro Tricarico. L’ingresso è libero e il percorso rimarrà visitabile nelle vie del centro storico. Di Lascia vinse il premio Strega nel 1995, un tumore se l’era portata via pochi mesi prima. Nel 1992 aveva fondato con Sergio D’Elia, Nessuno tocchi Caino per l’abolizione della pena di morte. Nel 2007 l’Onu ha approvato la moratoria delle esecuzioni capitali.