di Patrizia Macciocchi
Il Sole 24 Ore, 5 settembre 2024
L’innalzamento del tetto di pena preclude l’accesso al beneficio. Va all’esame della Corte costituzionale il no alla sospensione del processo per messa alla prova per i piccoli spacciatori. Il Tribunale di Padova ha sollevato questione di legittimità costituzionale in ordine alla preclusione della sospensione del procedimento con messa alla prova per i delitti previsti dall’articolo 73, comma 5, del Dpr n. 309 del 1990 sulla produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope. Nel mirino dei giudici del rinvio è finita la modifica del quinto comma dell’articolo 73 del decreto, messa in atto con il Dl 123/2023 (convertito dalla legge 13 novembre n. 159/2023). Un intervento con il quale è stato innalzato il limite massimo di pena previsto per lo spaccio anche di lieve entità, portando la pena da quattro anni di reclusione a cinque anni. È così impedito all’imputato di accedere all’istituto della messa alla prova. E questo perché l’articolo 168-bis del codice penale apre al “beneficio” solo per i soli reati punti con “pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria”.