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di Sarah Martinenghi

La Repubblica, 29 gennaio 2024

I magistrati: troppi problemi con il nuovo programma ministeriale “App”. Arnaldi di Balme (Anm): “Sistema ancora in costruzione, rinviato di un anno il passaggio al processo telematico”. Attesa da anni, la rivoluzione telematica nel settore penale è sbarcata in procura. I pm e i gip da qualche settimana sono alle prese con il programma ministeriale “App”, che al momento li vede lavorare in digitale solo nelle richieste e nei provvedimenti di archiviazione. E non sono mancati intoppi, bug, dubbi e difficoltà, illustrati anche all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Se in civile infatti i fascicoli cartacei sono ormai un ricordo del passato, nel settore dei reati tutto funziona ancora tra cartelline colorate e faldoni. Ma l’obiettivo di sveltire le pratiche grazie a App è ancora un orizzonte lontano.

Il sistema che si blocca, aggiornamenti continui, troppi passaggi uniti alle difficoltà (per chi mastica leggi ma non è un fulmine in informatica), di caricare gli atti e completare le operazioni di firma digitale, hanno portato scompiglio e perplessità. L’entusiasmo per la novità, insomma, ha fatto i conti con un po’ di malumore. Anche il presidente locale dell’Anm Enrico Arnaldi di Balme l’ha sottolineato sabato mattina: “Sappiamo che si tratta di una necessaria fase di transizione” e i magistrati “sostengono, anche con entusiasmo” l’informatizzazione del settore penale “ma è difficile fare i conducenti di un’auto su cui si stanno ancora montando freni e pneumatici”.

Si tratta di “un lavoro in itinere” che “a oggi fatica a ricompensare in termini di energie e tempo”. L’App, ha sottolineato Arnaldi, “è ancora in costruzione, tanto che si è dovuto rinviare di un anno il passaggio integrale al processo penale telematico”. E per la gestione delle archiviazioni “l’incompletezza dell’applicativo crea un flusso continuo di problemi tecnici e organizzativi che stanno mettendo in crisi le procure e gli uffici dei gip”.

Il futuro spaventa anche per l’intelligenza artificiale. “Potrebbe far scomparire o ridimensionare fortemente le nostre professioni” ha spiegato la pg Sabrina Noce, secondo cui occorre “vigilare per mantenere salda l’indipendenza della magistratura dagli algoritmi e tenere fermo il controllo umano sulle decisioni”. Se l’Ia potrà aiutare i giudici “ad adottare decisioni informate e basate su precedenti consolidati e autorevoli” tuttavia il rischio è “la standardizzazione”. La strada è “non considerare solo i fascicoli come numeri, ma ricordare che dentro vi sono esseri umani, che ricorderanno per tutta la vita il procedimento penale che li ha coinvolti”.