sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giuseppe Legato

La Stampa, 2 luglio 2023

Tutto è partito da Torino, ma ben presto altre indagini per tortura e violenze hanno travolto le case circondariali di Ivrea e Biella. La strada (giuridica e investigativa) è stata aperta da un giovane - ma già esperto - pm di Torino che nel 2019, ricevendo una dettagliata segnalazione della garante dei detenuti Monica Gallo, decise di andare a fondo su una storia in cui c’erano tutti i presupposti per contestare almeno il reato di tortura, introdotto con la legge 110 del 2017. Il caso esplose nell’estate del 2020 e costò la testa dei vertici del carcere di Torino.

Vennero trasferiti, oltre che indagati per favoreggiamento e omessa denuncia di una serie di agenti che al telefono si vantavano delle botte ai detenuti: “L’altra sera dovevi vedere! Sembrava Israele anni Cinquanta”. Cosi un secondino raccontava alla fidanzata le “imprese” che poi erano spedizioni punitive. Secondo le accuse, gli agenti avrebbero umiliato e picchiato con calci e pugni i detenuti reclusi per reati a sfondo sessuale e avrebbero indossato i guanti, in modo da non lasciare tracce. “Preferivano colpire allo stomaco e non alle braccia, dove i lividi sarebbero stati visibili”. In un episodio, poi, avrebbero versato del detersivo per piatti sul letto di un detenuto; in un altro caso, si sarebbero fatti consegnare gli atti del processo, leggendo i capi di imputazione ad alta voce davanti agli altri reclusi.

Nei prossimi giorni l’ex direttore dell’istituto di pena Domenico Minervini e l’ex comandante della polizia penitenziaria dell’epoca Giovanni Battista Alberotanza conosceranno l’esito del processo a loro carico. Il pm Francesco Pelosi, in un’articolata requisitoria, ha chiesto rispettivamente un anno e un anno e quattro mesi di carcere. Gli episodi di tortura si sarebbero verificati tra aprile 2017 e ottobre 2019 nel padiglione C del carcere torinese, quello in cui sono ristretti i cosiddetti “Sex offenders”. Gli imputati si sono difesi, respingendo le accuse. Ma quell’inchiesta - per questo motivo antesignana - ha aperto la strada ad altre indagini su diversi penitenziari piemontesi travolti da condotte - in ipotesi d’accusa - violente e degradanti verso i detenuti messe in atto da agenti (una minoranza sul totale, va detto).

Le due inchieste sul carcere di Ivrea - Torture, si legge nei titoli di reato contestati. È il caso del penitenziario di Ivrea finito al centro di due diverse inchieste. La prima della procura generale di Torino (che aveva avocato un fascicolo già aperto dalla procura eporediese e destinato all’archiviazione per prossima prescrizione) e che conta 45 indagati. Il Procuratore Generale Francesco Saluzzo e il sostituto pg Giancarlo Avenati Bassi hanno rimesso mano valorizzando prove e testimonianze. Agli atti si legge di “braccia spezzate, detenuti svenuti per il dolore”.

Gli indagati avevano refertato cosi: “Caduta accidentale da scivolamento su acqua”. La seconda inchiesta è dei pm di Ivrea guidati dalla procuratrice Gabriella Viglione, conta 45 indagati a vario titolo anche per tortura: Racconta un detenuto agli inquirenti: “C’era un tunisino ristretto in una cella in isolamento. Si feriva i polsi con le lamette. Gli agenti lo guardavano e gli dicevano: “Tagliati, quando poi hai finito ce lo dici”.

Le violenze nella casa circondariale di Biella - Stesso copione a Biella dove gli agenti indagati sono 23. Recentemente il Tribunale del Riesame ha riammesso al lavoro praticamente tutti. I giudici parlano di violenze, ma non di torture. Il ragionamento dei togati porta a pensare che si possa parlare di “lesioni gravissime, ma non di altro”. Le procure hanno impugnato le pronunce e si è in attesa di conoscere l’esito in Cassazione.