sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Giovanni Bianconi

Corriere della Sera, 15 settembre 2023

Il giorno dopo la scelta del nuovo procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Fabio Pinelli è soddisfatto: “Il Consiglio ha nominato un magistrato di grande valore, fornendo una risposta concreta e puntuale all’esigenza dei cittadini di avere un adeguato contrasto alla criminalità organizzata. Fermo restando che la repressione penale non è la soluzione di tutti i problemi”.

C’è voluto più di un anno...

“Noi ci siamo insediati a febbraio e in sette mesi abbiamo fatto la nomina, oltre ad altre ugualmente importanti. In media abbiamo già ridotto di un terzo i tempi per l’attribuzione di incarichi direttivi e semi direttivi, grazie al lavoro dell’apposita commissione. E smaltito l’arretrato di oltre il 20 per cento. Sono risultati importanti, dovuti al grande lavoro di tutti i consiglieri”.

Sulla Procura di Napoli vi siete divisi in modo netto: da una parte il bocco compatto dei laici scelti dal centro-destra insieme alla corrente togata di destra, dall’altra la sinistra togata e il laico di derivazione Pd...

“Gran parte delle nomine di questo Consiglio è decisa all’unanimità e, quando non avviene, le maggioranze sono variabili, senza schieramenti predefiniti. Proprio su Napoli ci sono stati voti trasversali tra laici e togati”.

Appena 4 su 19: i due blocchi erano evidenti...

“Dividere la magistratura fra destra e sinistra è riduttivo e fuorviante, e va rivalutata l’importanza dei laici all’interno del Csm. La Costituzione li ha previsti per evitare di farne un organo autoreferenziale e garantire il governo della funzione giudiziaria, non della corporazione. E in questo Consiglio il ruolo dei laici si sta distinguendo per competenza e professionalità”.

Su Gratteri e altre pratiche lei - laico indicato dal centrodestra - ha votato abbandonando la tradizionale astensione del vicepresidente. Perché?

“Ritengo doveroso e opportuno dare il mio contributo nei casi di maggior rilievo, assumendomene la responsabilità. Ho verificato che dal 1998 in avanti i vice presidenti hanno votato nel 31 per cento delle pratiche, io sono ben al di sotto la media”.

Il capo dello Stato, presidente del Csm, condivide la sua impostazione?

“Il Quirinale è sempre doverosamente informato dei lavori del Csm”.

Per la Procura di Firenze il suo voto è stato decisivo, alimentando sospetti su una scelta determinata dalle aspettative di alcuni politici...

“Pensare che le decisioni del Csm siano frutto di aspettative politiche è sbagliato e offensivo. Perché il presupposto è che le iniziative delle procure non siano conseguenza di presunte violazioni della legge, bensì dell’orientamento politico di un procuratore o di un interesse politico in gioco”.

Lo pensano molti politici...

“Ma io respingo questa visione, perché credo che la magistratura non sia irrimediabilmente politicizzata. Credo piuttosto che i capi delle procure svolgano le loro funzioni per organizzare l’ufficio e determinare strategie investigative, dopodiché ogni singolo magistrato, nell’ambito della propria autonomia, si occupa del reato eventualmente commesso. Avendo come unico riferimento la violazione della legge”.

Dice che la magistratura non è “irrimediabilmente” politicizzata perché sono necessari rimedi?

“All’interno del Csm, anche nella componente togata, visioni ideali e culturali diverse sul ruolo del magistrato e della funzione giudiziaria hanno piena legittimità. Il problema sorge quando si scade nel puro esercizio di potere per spartire posti o distribuire favori: una degenerazione da contrastare, anche attraverso il ritorno alla funzione propria del Csm come organo di alta amministrazione a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura. È ciò che stiamo facendo in questa consiliatura”.

Considera fondate le accuse di politicizzazione rivolte alla magistratura?

“La separazione dei poteri deve declinarsi in comportamenti concreti. Sulla magistratura si è sovraccaricato l’onere della soluzione di molti conflitti interni alla società, che ha perso i luoghi di mediazione come partiti e sindacati. Tuttavia la politica deve riprendere la sovranità sulle regole, attraverso il Parlamento che è portatore della rappresentanza sovrana”.

Sta dicendo che i magistrati interferiscono sull’attività del Parlamento?

“Sto dicendo che l’Associazione nazionale magistrati può dare un contributo tecnico e di competenza sulle norme in via di approvazione, ma le decisioni spettano sempre al Parlamento. A me è sembrato che a volte l’Anm si sia auto attribuita un compito di rappresentanza generale che non le appartiene; perché ad attribuirla è il voto popolare, non il superamento di un concorso pubblico”.

E i politici che attaccano i provvedimenti dei magistrati solo perché sgraditi?

“Il riconoscimento delle prerogative di ciascuno è necessario da parte di tutti. Solo così si può evitare il conflitto tra politica e magistratura, destinato ad acuirsi se da un lato c’è l’ambizione di intervenire su scelte che spettano a chi rappresenta la volontà dei cittadini, e dall’altro non si rispettano l’autonomia e l’indipendenza dei magistrati”.

Come giudica le riforme in tema di giustizia che giacciono in Parlamento?

“Non io, ma il Csm nell’ambito e nei limiti fissati dalla legge, fornirà i pareri di competenza, in tempi utili perché possano essere valutati dall’autorità politica. Che resta sovrana nel decidere se e come tenerne conto”.

Prima di diventare vice presidente del Csm auspicava una “tregua” su intercettazioni, separazione delle carriere e altre materie già riformate. È ancora così?

“Ero un privato cittadino, ora rivesto una carica istituzionale e non sarebbe opportuno entrare nel merito. In generale, da giurista, ritengo che dopo ogni riforma importante sia necessaria una “pausa di applicazione” per verificarne l’impatto. Altrimenti si rischia di intervenire solo per delegittimare interventi normativi precedenti, anziché per migliorarli. E dubito che l’introduzione continua di nuove norme abbia la funzione salvifica che spesso le si attribuisce. Bisogna agire sull’etica dei comportamenti piuttosto che sulle regole”.