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di Jacopo Storni

Corriere Fiorentino, 14 febbraio 2024

Italiano, 64 anni, era in semilibertà. Si è tolto la vita nel pomeriggio di ieri nel carcere Don Bosco di Pisa. È il diciannovesimo suicidio nelle carceri italiane dall’inizio dell’anno (l’ultimo caso domenica scorsa a Terni), una media che rischia di far diventare il 2024 l’anno più terribile di sempre per i sucidi tra le sbarre. Il recluso si trovava dallo scorso dicembre al Don Bosco, dove era arrivato in seguito a un trasferimento dal penitenziario Gozzini di Firenze. Era in regime di semilibertà, quindi poteva saltuariamente uscire durante la giornata. La sua pena sarebbe terminata nel 2027.

Nella mattinata di ieri, l’uomo era uscito per andare come di consueto a lavorare, poi era tornato in carcere ed è stato ritrovato senza vita nel cortile del penitenziario. Gli agenti di polizia hanno tentato di salvarlo, ma quando sono arrivati era ormai troppo tardi.

Una notizia che ha sconvolto il garante regionale dei detenuti Giuseppe Fanfani: “Quella dei suicidi in cella è ormai una strage silenziosa e insopportabile, frutto non certo del caso ma di scelte politiche ben precise e delle condizioni drammatiche che si trovano a vivere i nostri istituti di pena. In carcere ci sono persone trattate come disgraziati che non hanno più speranza, e per questo si tolgono la vita, ma la speranza non ce l’hanno perché il nostro sistema penitenziario non gliela offre”. Poi si scaglia contro il governo Meloni: “Credo che l’irrigidimento delle politiche carcerarie, con l’inasprimento delle pene, abbia pesato non poco in tutto quello che sta accadendo, il messaggio che arriva nelle celle italiane è quello di un’estrema rigidità a fronte di ulteriori reclusi che entrano nelle carceri”. Quanto alle condizioni del penitenziario di Pisa, Fanfani sostiene che “la situazione non è certo grave come a Sollicciano. Permane il sovraffollamento, ma non si riscontrano ad oggi estreme criticità”.

Prima di quello di ieri a Pisa, l’ultimo suicidio in carcere si era registrato la scorsa estate nel penitenziario fiorentino di Sollicciano, quando a togliersi la vita era stato un recluso marocchino di 47 anni, impiccatosi nella sua cella. Un episodio non isolato nel carcere del capoluogo, dove sono avvenuti sei suicidi negli ultimi due anni. E proprio sulle criticità di Sollicciano, l’ex cappellano e responsabile della pastorale per il carcere della Diocesi fiorentina, Don Vincenzo Russo, ha scritto una lettera al sindaco Dario Nardella per chiedere un impegno concreto del Comune: “Sollicciano è tomba di un’umanità cui è negata vera vita e speranza. Si è fatto qualcosa, ma occorre fare ancora molto di più. Il livello di sofferenza - continua il sacerdote - di violenza e di soffocamento della dignità e della vita è davvero oltremisura e ciò non può più continuare ad esistere. Occorre una vera inversione di tendenza, un percorso contrario alla storia di degrado, oggi quasi inarrestabile, che caratterizza questa realtà”.