sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Anna Lisa Antonucci

L’Osservatore Romano, 7 settembre 2024

La popolazione carceraria continua ad aumentare in Italia come nel resto d’Europa. In nessun Paese e in nessun tempo più carcere ha garantito più sicurezza. Lo sostengono gli addetti ai lavori, quelli che in carcere lavorano o chi l’istituzione penitenziaria la studia e la conosce. Eppure la popolazione detenuta continua ad aumentare in Italia, così come nel resto d’Europa e il sovraffollamento è ormai una tragica emergenza. Poiché per costruire nuove carceri serve tempo e molto denaro, le celle si riempiono, lo spazio di vita si restringe e la pena perde il suo significato di recupero per diventare solo negazione della dignità umana.

“Nelle carceri italiane - spiega a “L’Osservatore Romano” Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone, che si batte per la tutela dei diritti nel sistema penale e penitenziario - ci sono 61.758 detenuti, 15.000 persone in più della capienza regolamentare, cioè dei posti letto. Ciò comporta situazioni igienico sanitarie complicate, troppe persone stipate in celle che non hanno gli spazi necessari, ma significa anche rinuncia alle attività trattamentali, alla scuola, allo sport, alla possibilità di lavoro. Significa un carcere che si è trasformato in un grande dormitorio, con quasi due terzi di persone vulnerabili (con malattie e disagio psichico, prive di qualsiasi reddito, straniere, tossicodipendenti).

Se nei loro confronti si adottassero misure di sostegno, di welfare, di accoglienza e di cura all’esterno, il carcere ridurrebbe le presenze”. Invece, per la prima volta da molti anni sono strapieni anche gli istituti penali minorili con la conseguenza che proteste, rivolte e manifestazioni di violenza sono all’ordine del giorno. Se l’Italia si conferma come uno dei Paesi europei con le carceri più affollate, in media con una percentuale del 130,4%, in totale in Europa, esclusa la Russia, la popolazione reclusa nel 2023 è aumentata del 12%. Gli ultimi dati disponibili, forniti dal Consiglio d’Europa, rilevano che al 31 gennaio 2023, c’erano 1.036.680 detenuti in 48 amministrazioni penitenziarie su 51 stati membri del Consiglio e che 12 Paesi segnalavano di avere più detenuti rispetto ai posti disponibili.

Le nazioni che hanno registrato un aumento significativo dei tassi di popolazione carceraria da gennaio 2022 a gennaio 2023 sono: Moldova (+52%), Macedonia del Nord (+26%), Cipro (+25%), Turchia (+15%), Irlanda (+12%), Croazia (+io%), Ungheria (+8,7%), Bulgaria (+8,1%), Austria (+6,8%), Italia (+5,7%) e Svezia (+5,1%). I Paesi con i tassi di incarcerazione più elevati sono: la Turchia (408 detenuti ogni ioo.000 abitanti), la Georgia (256), l’Azerbaijan (244), la Moldova (242), l’Ungheria (211), la Polonia (194), la Slovacchia (183), l’Albania (179), la Repubblica Ceca (176) e la Lituania (174). “Ciò che colpisce in particolare - dice Gonnella - è l’aumento dei detenuti e il sovraffollamento delle carceri anche nei Paesi del nord Europa che sono sempre stati attenti alla dignità delle persone recluse come precondizione alla detenzione”.

“Tra il 2009 e il 2013 - spiega - in generale in Europa si respirava un’aria di maggiore attenzione ai diritti e alla dignità delle persone detenute. Abbiamo avuto sentenze che tendenzialmente andavano a ridimensionare il potere punitivo dello Stato, penso alle sentenze della Corte europea e di quella tedesca. Per esempio, in Germania nel 2011 una sentenza ha stabilito che se lo Stato non è in grado di garantire condizioni di vita decente e spazi adeguati al detenuto deve rinunciare all’obbligo di punire.

Ciò era già acclarato in alcuni Paesi del nord Europa. Dopo questi anni, che avevano portato ad una riduzione della popolazione detenuta in tutta l’area europea, nel 2020 è arrivata la pandemia che ha trovato gli stati impreparati. Non c’era stata infatti una diminuzione dei reclusi tanto da garantire che il carcere non fosse un luogo di contagio”.

Dunque neanche il covid ha insegnato all’Europa che in carcere devono essere assicurati lo spazio vitale e il diritto alla salute. “Ci si sarebbe aspettati ad esempio - spiega Gonnella - che l’Unione europea adottasse regole e standard comuni in materia di detenzione, già previste nel Consiglio d’Europa ma non vincolanti. Ciò non è avvenuto tanto che, anche per questo motivo, la cooperazione giudiziaria tra gli stati funziona male. Molti paesi non garantiscono adeguati standard trattamentali all’interno delle carceri, spazi di vita decenti, rispetto dell’individuo, e dunque le autorità giudiziarie sono restie a consentire il trasferimento delle persone”.

“Per questo - aggiunge - sarebbe opportuno che il nuovo Parlamento europeo adottasse una nuova filosofia di azione, prevedendo standard comuni di alta qualità all’interno delle carceri in tutta l’Ue”. Ma in molti Paesi, evidenzia il presidente di Antigone, “purtroppo del carcere, così come dell’immigrazione, viene fatto un uso demagogico. Per capitalizzare il consenso si parla alla pancia delle persone, mostrando il volto truce dello Stato che non si piega”.

Fortunatamente, secondo Gonnella “c’è qualche controtendenza”; ad esempio nel Regno Unito il nuovo governo ha nominato come ministro delle Carceri James Timpson che è stato presidente del Prison Reform Trust, ente indipendente che si batte per la riforma del sistema carcerario e lavora per creare un quadro normativo penale giusto, umano ed efficace.

“Un uomo - dice Gonnella - che arriva da esperienze di lavoro sociale. Ciò significa dare attenzione a chi conosce il carcere, perché conoscere il carcere e averlo visto è la precondizione per poter agire politicamente in modo efficace”. Di contro, conclude Gonnella, “non mancano esempi negativi, come quelli che provengono dai paesi nordici che in passato hanno mostrato attenzione al tema. E il caso della Danimarca che, sul modello dell’accordo tra Italia e Albania per i migranti, ha sottoscritto un’intesa con il Kosovo per trasferire i detenuti stranieri fuori dalla sua giurisdizione”.