di Matteo Maria Macrì
Il Fatto Quotidiano, 7 agosto 2024
Sono un medico rianimatore ospedaliero e da circa un anno svolgo mensilmente alcuni turni in ambulanza nel servizio 118. Questa esperienza mi ha dato modo di addentrarmi nel cuore della mia città. Entrare per brevi momenti nella vita delle persone e osservare il tessuto sociale nella sua varietà, da una prospettiva completamente diversa da quella della vita di tutti i giorni. Perché in un modo o nell’altro tendiamo a vivere all’interno di bolle sociali, composte da persone culturalmente ed economicamente simili a noi.
Vorrei condividere la cosa che mi ha colpito di più nella mia breve esperienza. Uno dei servizi più comuni si chiama “Giallo 5”. Giallo 5 è il codice che sta per patologia psichiatrica scompensata che necessita di assistenza medica. I casi sono variegati. I motivi per cui è richiesto l’intervento medico, semplificando, sono riconducibili a due fattispecie: minacciato o tentato suicidio, aggressività e violenza verso gli altri e/o verso se stessi. Per capirne di più sul fenomeno dei pazienti psichiatrici, ho iniziato a “intervistare” gli infermieri con cui lavoro e che prestano servizio in ambulanza da molti anni. Loro hanno potuto osservare come i “gialli 5” si siano modificati nel corso del tempo, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Gli infermieri, che rappresentano la memoria storica del 118, hanno unanimemente dichiarato che non solo i casi di “giallo 5” sono nettamente aumentati rispetto a 10-20 anni fa, ma che è cambiata drasticamente anche la tipologia di pazienti. Se prima era tipico il paziente psichiatrico puro (con diagnosi nota di disturbo psichiatrico severo), oggi è molto più comune il disagio sociale, che sfocia in comportamenti aggressivi, autolesionisti e depressivi.
Molti di questi pazienti “psichiatrici” altro non sono che persone profondamente sole, senza famiglia, senza lavoro, senza mezzi economici né aiuti, senza casa, con storie di abusi e dipendenze. Molti sono giovanissimi totalmente in balia di ansia, depressione e della mancanza di riferimenti e prospettive. Purtroppo anche dopo aver attivato il sistema dell’assistenza il percorso di questi pazienti non è certo dei più rosei. Il motivo è che la loro presa in carico è particolarmente complessa e richiedente e le risorse a disposizione sono totalmente inadeguate.
Si dovrebbe agire sia a monte che a valle e questo richiede uno sforzo che la società di oggi sembra non prendere minimamente in considerazione. A monte bisogna prevenire il nascere di questi stati di disagio, dando lavoro, salari adeguati, istruzione, accesso alle cure. Costruendo una società piu inclusiva, senza lasciare indietro pezzi sempre più grandi di popolazione. A valle creare apparati efficaci che intercettino e aiutino per davvero, senza mettere toppe inefficienti.
Il fenomeno del “giallo 5” non è altro che lo specchio e la conseguenza dei cambiamenti sociali in peggio degli ultimi 20 anni. Il risultato di una società sempre più divisa in vincitori e perdenti. Di una fiscalità regressiva, che lascia briciole alle casse pubbliche. Di una rinuncia da parte dello Stato a fare da garante dei diritti che abbiamo ritenuto fondamentali almeno sulla carta. Cose come casa, lavoro, salute, educazione, dignità. Sono sempre più convinto che se non riusciremo ad arginare tutto questo, ognuno di noi potrebbe diventare un giallo 5, divorato dalle stesse cause che stanno erodendo il benessere sociale di chi ora sta ai margini, che si stringono sempre più.
Ogni volta che torno a casa dopo un turno di 118 ho sentimenti contrastanti. Da un lato il sollievo di non fare ancora parte di quelli lasciati indietro, dall’altra l’amarezza nel rendermi conto di essere impotente davanti a questa marea di sofferenza. Spesso la mia utilità trova il suo culmine in una parola gentile o una carezza ai “gialli 5” che li rende molto più collaborativi e sereni ed è come una medicina che dà vigore anche a me. Forse potremmo almeno iniziare da questo, fa bene a tutti e non costa niente.