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di Marco Ruotolo

La Stampa, 18 agosto 2023

“Una telefonata allunga la vita”, recita un noto messaggio pubblicitario degli anni Novanta. Riprendendo questo spot, l’Associazione Antigone ha lanciato l’omonima campagna nell’estate 2022, sottolineando che i limiti temporali previsti dalla vigente disciplina penitenziaria sulle conversazioni telefoniche non avrebbero più senso, essendo in larga parte legati ai costi del servizio, assai elevati ai tempi della redazione dei testi normativi in discussione e oggi non più tali. Può sembrare una questione secondaria, ma è invece un problema fondamentale, perché il sentimento di abbandono o di isolamento spesso avvertito da chi abita gli istituti di pena può facilmente scivolare in una condizione di disagio estremo, soprattutto per coloro che hanno scarse o nulle possibilità di colloqui in presenza con i propri familiari. In un momento di sconforto una telefonata può, appunto, salvare una vita, consentendo di allontanare pensieri autolesionistici o addirittura suicidari.

Se ne torna a parlare in questi giorni e lo stesso ministro Nordio ha annunciato prossime novità al riguardo. Su questo e su molti problemi della quotidianità dell’esecuzione penale si era interrogata anche la “Commissione per l’innovazione del sistema penitenziario”, istituita nell’autunno del 2021 dalla ministra Cartabia e presieduta dal sottoscritto. In due mesi - a ritmi serrati - erano state elaborate puntuali e dettagliate proposte per la modifica del Regolamento penitenziario e per l’adozione di circolari amministrative, senza dimenticare di suggerire interventi minimi ed essenziali sulla legge penitenziaria, rivolti a rimuovere gli ostacoli più consistenti che si frappongono a un ordinato e proficuo svolgimento della vita detentiva. La crisi del governo Draghi e la fine anticipata della legislatura hanno impedito di portare a compimento questo processo di riforma. Potrebbe essere il momento per riprenderle, utilizzandole come base di partenza per interventi non solo necessari ma anche urgenti.

Cercando di coniugare idealità e concretezza, le proposte, dettagliate nella relazione finale della Commissione e disponibili sul sito del ministero della Giustizia, interessano specialmente i seguenti ambiti: gestione dell’ordine e della sicurezza, impiego delle tecnologie, salute, lavoro e formazione professionale, tutela dei diritti, formazione del personale. Esprimono senz’altro una visione unitaria, ma sono facilmente utilizzabili anche per interventi settoriali. Così è per la questione delle conversazioni telefoniche, oggetto di un suggerimento di azione amministrativa e di una proposta di revisione del Regolamento penitenziario (intervento, quest’ultimo, che potrebbe dunque essere operato con delibera del Consiglio dei ministri).

Nello specifico, la Commissione ha proposto la modifica dell’art. 39 del Regolamento, con ampliamento del numero delle telefonate (non soltanto una, ma “almeno” una a settimana) e comunque un allungamento della durata della singola conversazione (con indicazione temporale minima per l’accesso al servizio pari a quindici minuti). Con intervento su altra disposizione del Regolamento si propone, in una prospettiva anche di responsabilizzazione, di riconoscere alla persona detenuta la possibilità di “sostituire” i colloqui visivi con conversazioni telefoniche o videochiamate. Ma il passo più lungo suggerito, da realizzare con una circolare dell’Amministrazione penitenziaria, è la vera e propria “liberalizzazione” delle telefonate per i detenuti appartenenti al circuito di media sicurezza qualora non vi siano particolari esigenze cautelari, per ragioni processuali o legate alla pericolosità dei soggetti.

Alle persone detenute ben potrebbe essere data, infatti, la possibilità di utilizzare apparecchi mobili configurati in maniera idonea e funzionale con le dovute precauzioni operative, ossia senza scheda, connessione internet (con impossibilità, pertanto, di accesso ai social) e con la possibilità di chiamare solo i numeri autorizzati. Dalle stime compiute da un dirigente penitenziario, componente della Commissione, il costo di tali apparecchi sarebbe assai contenuto e dunque l’acquisto possibile direttamente da parte dei detenuti (utilizzando il c.d. sopravvitto), senza oneri per l’Amministrazione.

A ciò si aggiunga la possibilità di effettuare video chiamate tramite cellulari già acquistati dall’Amministrazione (3.200, all’epoca dei lavori della Commissione), che sicuramente consente un alleggerimento del sistema con evidenti benefici per coloro (e non sono pochi) che, non avendo disponibilità economiche, potrebbero chiamare gratuitamente avvalendosi di Skype o di applicazioni simili. Sono soluzioni che risolverebbero anche l’annoso problema legato alle difficoltà di verifica dell’intestazione dell’utenza telefonica, soprattutto per i numerosi detenuti stranieri, che, nella migliore delle ipotesi, quando la procedura riesca ad andare a buon fine, devono sottostare a lunghi periodi di attesa.

C’è un dato di esperienza che abbiamo considerato nei nostri lavori e che conforta le soluzioni suggerite: l’ampio utilizzo del sistema delle videochiamate in periodo di pandemia. In assenza di impedimenti legislativi, una lungimirante azione amministrativa ha consentito, infatti, questa assai positiva sperimentazione, realizzata senza significativi problemi di gestione.

Che l’effetto di tale iniziativa sia stato l’allentamento di crescenti tensioni, legate all’adozione di misure sempre più stringenti per evitare la diffusione del contagio, è un fatto; che si siano così evitate decisioni tragiche da parte delle singole persone detenute, conseguenti a un’avvertita condizione di totale abbandono, è una stima assai probabile. Piuttosto che cercare soluzioni estemporanee, può essere utile cercare risposte possibili in proposte già presenti, fattibili e addirittura “pronte all’uso”. “Speriamo prima che l’estate sia finita”, per riprendere il noto adagio di una canzone degli stessi anni dello spot richiamato all’inizio.