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di Umberto De Giovannangeli

L’Unità, 31 agosto 2023

“Gli arrivi sono cresciuti quest’anno del 112%: dopo aver parlato di impossibili blocchi navali il governo si trova alle prese con la realtà delle migrazioni, che è molto più complessa della propaganda”. La guerra a colpi di decreti e fermi amministrativi alle navi Ong, lo smantellamento del sistema di accoglienza. L’Unità ne discute con Giorgia Linardi, combattiva portavoce della Ong Sea Watch in Italia.

La stampa mainstream sparge allarme per il boom degli sbarchi...

È vero che quest’anno il numero degli arrivi è il 112% in più, percentuale che va crescendo di giorno in giorno. Numeri di arrivi che non si registravano dagli anni 2015-’16. Questo è un fatto indiscutibile. Dopodiché bisogna stare attenti. Anche il governo più di destra che potevamo immaginarci si trova di fatto a far fronte a una situazione che è quella che ha sempre sbeffeggiato, condannato quando chi governa oggi era all’opposizione e si trattava di fare propaganda. Ora devono fare i conti che slogan come blocco navale, cancellare le partenze e via elencando, vanno bene per acchiappare voti ma quando poi queste problematiche vanno gestiste ci si scontra col fatto che quello migratorio è un fenomeno che va accettato e gestito piuttosto che giudicato e utilizzato per altri fini.

Siamo arrivati al paradosso del ministro Piantedosi che in una intervista a Libero che nel dire che i soccorsi in mare dovrebbero essere di competenza esclusiva dello Stato, di fatto non solo ammette implicitamente che per quanto la Guardia costiera italiana possa fare, comunque non è sufficiente ma in più espone dei dati che spiegano come l’intervento delle Ong sia decisamente minore, quanto a vite soccorse, rispetto all’intervento della Guardia costiera, smentendo così il pull factor.

E questo a che conclusioni porta?

Porta alla considerazione che la realtà porta pure il governo più di destra che potessimo immaginare a dovere fare i conti con il fatto che le partenze non si possono bloccare e che le persone continuano a scappare a prescindere da quello che possa decidere il governo italiano e che le Ong non costituiscono un fattore di attrazione delle migrazioni e non hanno alcuna influenza su quelle che sono le sue cause. È importante sottolinearlo, perché noi veniamo da più di cinque anni di propaganda contro la solidarietà e le migrazioni che tocca, come punti cardine esattamente quelli di cui accennavo, che le partenze vanno bloccate e che le persone non devono arrivare in Italia, cosa che invece sta avvenendo più che mai, e che le Ong favorissero l’arrivo di queste persone addirittura attraverso meccani di collusione con scafisti e trafficanti. Altro aspetto importante. È vero che siamo in una situazione critiche, attenzione però a narrazioni iper allarmistiche.

Vale a dire?

Quante volte abbiamo sentito dire l’hot spot di Lampedusa è al collasso, e così il sistema di accoglienza italiano. Se siamo perennemente al collasso, questo non è legato agli sviluppi degli ultimi mesi e alle scelte sciagurate di questo governo, ma ad un approccio alla migrazione e quindi all’accoglienza che non è mai stato di reale gestione. È un fenomeno che si è sempre cercato di mettere sotto il tappeto ed evitare di gestire realmente. Quanto all’accoglienza. La gestione delle persone in prima accoglienza è qualcosa che non ha mai riguardato certi Comuni e certe parti d’Italia, ma adesso che si è deciso di fare una legge che per scoraggiare le attività delle Ong manda le navi Ong a sbarcare nel nord Italia, ad esempio, ha esposto determinate città e comuni a una situazione molto delicata che ancora una volta mostra che delle persone non ce ne frega nulla.

Perché?

Perché gli arrivi al porto presuppongono una organizzazione importante. Presuppongono la presenza di organizzazioni umanitarie, un lavoro di screening, una serie di servizi e di attori presenti in porto, che, per quella che è la nostra esperienza non sono stati previsti. Un esempio. L’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, non è necessariamente presente agli sbarchi. Il fatto, molto triste e grave, è che queste persone continuano ad essere considerate e trattate come merci, poco importa. Si tratta di scarico merci. Senza contare intanto l’approccio disumano rispetto al fatto che bisognerebbe garantire certi servizi, e mettendo anche i Comuni in una situazione di difficoltà rispetto ad una gestione diversa, nuova. Altro punto dolente, riguarda la creazione dei Centri per il rimpatrio. Questo mostro di cui ci si era in qualche modo liberati, proprio grazie ad un grandissimo lavoro di testimonianza e denuncia di quanto queste strutture fossero altamente lesive dei diritti fondamentali delle persone che vi stavano rinchiuse, trattate come delle automobili, perché le persone nei Cpr sono sottoposte a fermo amministrativo come una vettura o come le nostre navi. Peccato che le persone non sono pezzi di ferro. Da lì tutti gli orrori che abbiamo sentito e denunciato, gli atti autolesionistici, l’abuso di psicofarmaci per sedare le persone. Di fronte a questo scempio, il governo ha deciso di aprire i Cpr in ogni regione. Si è fatto questo in uno schiocco di dita, con la cosiddetta legge Cutro. Il governo è stato iper attivo sul tema migratorio. Non scordiamoci che il decreto legge numero uno del 2023 è quello indirizzato contro le Ong, cosa che rende chiaro come le priorità del paese siano completamente sottomesse alla propaganda. Decreto che diviene legge. Di seguito c’è la famigerata legge “Cutro”. A livello europeo c’è un ruolo, negativo, di leadership giocato dall’Italia nella ridefinizione del sistema di asilo comune dell’Unione Europea e soprattutto in quelli che sono stati gli accordi di cooperazione esterna, in primis quello con la Tunisia. Tutte iniziative di carattere securitario ma che non hanno centrato l’obiettivo, l’unico, che questo governo si prefiggeva: quello di impedire l’arrivo delle persone. C’è poi un altro dato inquietante, che spesso sembra passare in secondo piano anche nei media…

Di cosa si tratta?

Delle morti in mare. Soprattutto per quel che concerne la rotta tunisina, l’utilizzo di barchini di ferro ha mietuto più vittime della media, già alta, degli ultimi anni. Su questo non si è voluto fare niente. Anzi, si è continuato con la strategia di ostacolare le forme di soccorso in mare di supplenza a quelle istituzionali, che non sono sufficienti o non ci sono affatto, e addirittura siamo arrivati di nuovo a strumentalizzare la tragedia delle persone in pericolo nel Mediterraneo per dare un senso alle politiche fallimentari in tema di migrazione.

Non è casuale che da quando è stato siglato il memorandum d’intesa con la Tunisia, la Guardia costiera italiani indichi alle Ong di rivolgersi alla Tunisia per sbarcare le persone soccorse. Si tratta di un elemento in apparenza nuovo…

Perché in apparenza?

Perché un approccio simile l’abbiamo visto dopo la sigla dell’accordo bilaterale con la Libia, quando la Guardia costiera cambiò improvvisamente approccio dicendo che dovevamo coordinarci con questa sedicente Guardia costiera libica. È ancora una volta un traslare questioni di natura politica, legati ad accordi politici, sul piano operativo dei soccorsi in mare, e quindi strumentalizzare il Mediterraneo per dare in qualche modo legittimità a queste politiche, istituendo una prassi. Ma non è così che dovrebbe andare.

Non solo. Se l’Italia avesse una minima, reale leva sulla Tunisia, non chiederebbe alle Ong di coordinarsi con la Tunisia per sbarcare lì, ma sarebbe lei stessa a coordinarsi con Tunisi per poi dire alle Ong guardate che vi aspettano, è tutto pronto. Il che aprirebbe un’altra partita perché la nostra posizione assolutamente critica su quel memorandum non cambia.

E qui arriviamo alla nuova stretta repressiva verso le Ong...

Picco di arrivi, grandi difficoltà, quale momento migliore per detenere le navi Ong e ricreare quell’associazione per cui è sufficiente che risuoni l’acronimo ong nei media, insieme ai dati relativi al picco degli arrivi, perché si faccia l’equazione Ong=arrivi. Ma questa equazione non convince più nemmeno lo stesso elettorato di destra che ha votato questo governo sul suo cavallo di battaglia della lotta all’immigrazione irregolare, il blocco delle partenze… Devono dare conto e le risposte sono preoccupanti, perché ancora una volta sono la lesione dei diritti, più supporto ai respingimenti attraverso gli accordi con i paesi terzi, apertura dei Centri di rimpatrio in ogni regione, uno scempio quanto a violazione dei diritti umani, rivedere la legge Zampa che ha il gande pregio di tutelare i minori stranieri non accompagnati. Si vanno a toccare tutta una serie di questioni strettamente legate ai diritti umani. Ma questo è il solo linguaggio che questo governo conosce. La mia preoccupazione è che questo governo ci porti a un punto di non ritorno.

Cioè?

Se anche da domani dovesse cambiare tutto, utopia, e dovessimo avere al governo le persone più progressiste, illuminate, aperte in circolazione, sono talmente tanti i passi indietro che abbiamo fatto negli anni scorsi e che stiamo continuando a fare da un anno di governo Meloni a questa parte, che non sarà facile, tutt’altro, costruire un sistema di accoglienza sul quale non si è mai investito negli ultimi trent’anni. Rimettere a posto i cocci rotti, ammesso che lo si voglia, fare rischia di diventare una missione al limite dell’impossibile. Noi siamo oggi molto al di sotto del punto zero. È estremamente difficile perché si tratta innanzitutto di una rivoluzione culturale, che vuol dire guardare all’altro non come un invasore. E accettare che le persone scappano ed emigrano. La politica dei “tappi” è tragicamente fallita. Metti un “tappo” con la Libia, con l’accordo del 2017, ecco che la rotta si allarga a macchia d’olio a est, con le partenze dalla Cirenaica, e ad ovest con la rotta tunisina, fatta in gran parte da persone subsahariane molte delle quali passate dalla Libia in Tunisia, o perché intercettate via mare e portate in Tunisia o passate via terra. Questo dimostra che le politiche “a tappo” non funzionano, che quelle politiche uccidono e ci rendono ricattabili. Abbiamo iniziato con la Turchia, abbiamo proseguito con la Libia, ora lo abbiamo appena fatto con la Tunisia e chissà quanti altri autocrati criminali ancora a cui andremo a servire su un piatto d’argento i nostri valori, chiedendo in cambio niente, rendendoci ricattabili, dando loro in mano uno strumento che consente questi attori senza scrupoli di ricattare l’Unione Europea, i paesi euro-mediterranei, tra cui l’Italia, utilizzando una carta, quella della pressione migratoria, che siamo noi a mettergli in mano. E mai, mai un focus sulle alternative praticabili come i corridoi umanitari, e altre forme di migrazione sicura e legale, che strappi dalle mani di trafficanti e aguzzini migliaia di esseri umani. Questo peraltro avrebbe bisogno di una solidarietà europea che purtroppo non esiste.