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di Liana Milella

La Repubblica, 27 agosto 2023

Già la parola stessa suona male, “fascicolo del magistrato”. Sa di schedatura e Repubblica lo ha scritto più volte. Ve lo immaginate se fosse varato il “fascicolo” del deputato e del senatore? Per metterci dentro tutto quello che ha fatto (o non ha fatto) nell’arco di una legislatura? Si griderebbe allo scandalo. Sarebbe antidemocratico.

E invece il deputato di Azione Enrico Costa, responsabile Giustizia del suo partito, nonché vice segretario di Carlo Calenda, ha inventato proprio questo, nella scorsa legislatura, lanciando la proposta del fascicolo della toga, che la Guardasigilli Marta Cartabia ha accolto nella sua legge sul Csm. E ha previsto che per ogni magistrato esista un fascicolo delle cosiddette performance, tutto quello che ha fatto nella sua carriera, compresi i processi riusciti e quelli persi. Una legge che ovviamente i magistrati hanno contestato, proprio perché si tratta di una schedatura. Contestandola anche con uno sciopero, quello del maggio 2022.

Tant’è. Ormai la norma c’è. E Costa la perimetra minuto per minuto, contestando i magistrati che lavorano al ministero della Giustizia e che fanno parte della commissione che sta trasformando la delega in una legge operativa. Al Dubbio, il quotidiano del Consiglio nazionale forense, Costa dice che Nordio e la sua commissione hanno snaturato la proposta Cartabia, annacquando con misure troppo blande quelle previste per controllare il lavoro dei giudici. Lui pretende che sia verificato minuto per minuto cosa fa una toga, che risultati porta a casa, quanti processi imbastisce e quanti ne perde e perché è finita con un’assoluzione.

Naturalmente gli avvocati - ça va sans dire - sono dalla sua parte. Del resto anche Costa è un avvocato, pur se civilista. E accusa Nordio di aver stravolto la legge Cartabia, anche per colpa di via Arenula e di quella commissione istituita da lui in cui ci sono troppi magistrati, 18 su 26. Se ci fossero degli avvocati in maggior quantità - secondo Costa - il risultato sarebbe stato diverso. Ovvio anche questo.

Ma c’è una domanda obbligatoria in questo ragionamento. Sarebbe davvero utile alla democrazia di questo Paese, alla sua convivenza civile, al contrasto alla criminalità grande e piccola, un magistrato che bada soltanto al suo “fascicolo”? Che tiene a bada solo le sue performance, in vista di un carrierismo sfrenato? E questa la toga che vuole Costa? Una che guarda solo ai suoi risultati personali, ed evita di conseguenza scelte che potrebbero danneggiare la sua carriera. Un pm non ha la palla di vetro quando conduce un’indagine, come non ce l’hanno le polizie. Si procede per tentativi. E si può anche sbagliare. Ma se questo errore diventa una macchia che segna per sempre la carriera allora assisteremo a magistrati codardi che preferiranno il loro destino personale a quello degli italiani. E questo, non c’è neppure bisogno di dirlo, sarebbe un grandissimo disastro per il nostro Paese.