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di Astolfo Di Amato

Il Riformista, 8 giugno 2022

A pochi giorni dal voto ancora non se ne parla. La causa non è la guerra in Ucraina né i quesiti “troppo tecnici”. C’è una strategia. E c’è un’alleanza irresistibile: Mani Pulite l’ha dimostrato.

La data fissata per il voto sui quesiti referendari è, ormai, imminente. Eppure, il silenzio dei media sui referendum continua ad essere, come si usa dire in questi casi, “assordante”.

Lo ha rotto, si fa per dire, Luciana Littizzetto per comunicare, dal palcoscenico della televisione pubblica, che lei andrà al mare. A questo punto diventa inevitabile chiedersi a cosa sia dovuta la congiura del silenzio, alla quale stiamo assistendo e che sembra coronare una strategia volta, sin dall’inizio, a far fallire l’appuntamento referendario. Il primo contributo l’ha dato la Corte Costituzionale, bocciando, con motivazione molto criticabile, i referendum che più avrebbero sollecitato l’attenzione dell’opinione pubblica, quelli sul fine vita e sulla responsabilità civile dei magistrati. Poi il Governo, invece che le usuali due giornate, ha fissato un solo giorno per la votazione, associandola al voto per le amministrative. Infine, vi è stato e vi è il contributo dei media, che con il loro silenzio operano nella stessa direzione. Perché? Perché si tratta di quesiti troppo tecnici, come dice la Littizzetto, e di un tema che non interessa l’opinione pubblica?

Certamente non può essere questa la spiegazione. Quando si è trattato di dare conto all’opinione pubblica delle ragioni che sarebbero state a sostegno dell’accusa di sequestro di persona, a danno di alcuni migranti, nei confronti di Salvini, la grande stampa non ha esitato a dilungarsi su questioni estremamente tecniche, quali quelle delle regole che disciplinano, sul piano nazionale e su quello internazionale, il soccorso in mare o la materia dei migranti. Si trattava e si tratta di questioni molto più difficili da comprendere di quella, per fare un esempio, relativa alla opportunità che la stessa persona possa tranquillamente passare dalle funzioni di giudice a quelle di accusatore e viceversa. Quanto, poi, alla rilevanza di tutti i temi che riguardano la giustizia, anche oggi che c’è la guerra in Ucraina, basta considerare, per rendersene, conto lo spazio dato dai media alla richiesta di condanna che l’accusa ha formulato nell’ennesimo processo a carico di Berlusconi.

A questo punto diventa inevitabile prendere atto che si tratta di una strategia ben consapevole e chiedersi il perché di questa strategia ed a chi faccia capo. Di fronte ad un comportamento così uniforme dei media si pone subito il dubbio se non si sia in presenza di una direzione impressa da un gruppo di intellettuali, titolari, in questa materia, di una egemonia culturale di gramsciana memoria. Ma ogni dubbio si dissolve immediatamente ove si consideri che, anzi, in questo caso gli intellettuali di maggiore spessore e che fanno opinione in Italia si sono largamente espressi a favore dei quesiti referendari. Se è vero che le maggiori resistenze contro i referendum si annidano nella sinistra, è utile citare le posizioni chiaramente favorevoli ai referendum, espresse da personalità, per fare un esempio, del peso culturale di Sabino Cassese e di Paolo Mieli, che della loro appartenenza a sinistra non fanno mistero.

Neppure si può dire che vi sia un timore reverenziale verso la magistratura, atteso il seguito di fiducia che la stessa ha nel paese. Questo era vero rispetto alla magistratura che affrontò gli anni di piombo. Oggi non è così: le ultime rivelazioni dicono che solo meno del 35% dei cittadini ha fiducia nella magistratura, mentre il 60% ritiene, addirittura, che la gestione della giustizia sia dannosa per il paese. E, allora, quale può essere la spiegazione di questa vera e propria congiura del silenzio? Non si può dimenticare che la magistratura, per quanto oggi screditata, ha comunque un potere enorme che, se opportunamente strumentalizzato dalla stampa, ha mostrato di essere in condizioni di distruggere chiunque. L’esperienza di Mani Pulite ha detto con chiarezza che l’accoppiata potere giudiziario-quarto potere non ha avversari in grado di resistere.

È una alleanza che, mettendo insieme da un lato il potere di svolgere indagini molto pervasive, e poco importa la effettiva esistenza di reati, e dall’altro il potere di orientare la pubblica opinione e, anche, di stimolarne gli istinti più primordiali, è in grado di annientare qualsiasi rivale. Ecco, allora, che per un giornale, e ancora di più per la proprietà di un giornale, che ha partecipato a tale accoppiata dare spazio a referendum, volti a riequilibrare i rapporti tra magistratura e politica, significherebbe combattere se stessi. Quanto alla televisione pubblica, poi, basta chiedersi se i partiti che oggi la controllano abbiano beneficiato dell’opera di quella accoppiata. Il silenzio sui referendum dice allora molto di quanto oggi, nella realtà, valga in Italia la volontà popolare.