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di Tito Boeri e Roberto Perotti

La Repubblica, 6 novembre 2023

Il Pnrr è un immenso programma di investimenti e riforme. Affinché il dibattito sui suoi pro e contro sia meno ideologico e più informato bisogna almeno misurare gli interventi (gli input) e i loro risultati (gli output) correttamente. Nessuna delle due operazioni è semplice. Proprio per questo è importante essere cauti con i trionfalismi e analizzare i dati con freddezza. Quindi chiediamo scusa in anticipo al lettore se questo articolo conterrà più numeri di un normale articolo di quotidiano.

Prendiamo il caso di una riforma cruciale come quella della giustizia. Il Pnrr ha due obiettivi quantitativi (target): riduzione della durata dei processi nei tre gradi di giudizio del 40 per cento nel settore civile e del 25 per cento nel settore penale entro la fine del 2026; e riduzione del 65 per cento dell’arretrato civile in Tribunale e del 55 per cento in Corte d’Appello entro la fine del 2024 e addirittura del 90 per cento entro la fine del 2026. Tutti target estremamente ambiziosi.

Come noto il Pnrr è stato approvato nel 2021 e i suoi effetti sull’arretrato possono essersi manifestati solo a partire dal 2022, con l’assunzione di 8000 addetti all’Ufficio per il processo a partire da febbraio e di 3000 tecnici a partire da ottobre (purtroppo quasi la metà di questi nuovi assunti sembrano già essersi dimessi, ma questa è un’altra storia). Ulteriori effetti potrebbero essersi manifestati a partire dalla fine 2022, quando hanno cominciato a essere adottati i decreti attuativi della riforma del processo civile e penale e delle commissioni tributarie. Qualsiasi cambiamento intervenuto tra 2019 e 2021 perciò non può essere attribuito al Pnrr; e per il 2022 qualsiasi cambiamento può essere attribuito solo al piano di assunzioni. Alla luce di queste premesse, è utile tornare su una affermazione di Sabino Cassese sul Corriere della Sera del 31 ottobre, secondo cui il Pnrr sta funzionando, come mostrerebbe per esempio il settore della giustizia: “Finora, non possiamo lamentarci […] La durata dei processi civili è stata ridotta di quasi il 20% e di quelli penali di quasi il 30%. Per gli arretrati della giustizia può dirsi lo stesso, perché nei tribunali la riduzione è del 20%, nelle Corti di appello di quasi il 34%”. Che poche migliaia di addetti appena assunti (e quindi da inquadrare, istruire, mettere a regime) possano avere effetti così enormi dovrebbe apparire implausibile. Ed infatti un’analisi attenta dei dati porta a conclusioni opposte.

Partiamo dal primo target, l’arretrato, cioè i procedimenti aperti da più di tre anni nei tribunali. Nel 2020 c’è stato un crollo di 200.000 unità nei nuovi procedimenti civili iscritti nei tribunali, che si è pressoché mantenuto anche nel 2021. Quindi, anche se i tribunali avessero continuato a definire (cioè a chiudere) i procedimenti agli stessi ritmi pre-Pnrr, l’arretrato sarebbe diminuito comunque perché c’era meno da lavorare sui nuovi procedimenti, e ci si poteva dedicare di più a smaltire gli arretrati.

Per valutare l’impatto del Pnrr bisogna dunque guardare al flusso dei procedimenti definiti in un anno, che al contrario del flusso in entrata dipende dall’efficienza dei tribunali ed è influenzato dal Pnrr. Nel 2022 i procedimenti definiti sono aumentati in modo irrisorio, dello 0,3 per cento. Nel primo semestre del 2023 rispetto al primo semestre del 2022 è andata solo leggermente meglio, un aumento del 3 per cento. Niente a che vedere con i numeri citati da Cassese. E se si prende l’insieme della giustizia (tribunali, corti d’appello, Cassazione) i procedimenti civili definiti sono addirittura diminuiti nel 2022.

Ed infatti l’andamento della durata dei processi civili, il secondo target del Pnrr, è perfettamente coerente con queste conclusioni. Tra il 2021 e il 2022 è diminuita dell’1 per cento (ricordiamo che il target sarà raggiunto se diminuirà del 40 per cento entro il 2026). Cassese e tanti altri commentatori sono stati tratti in inganno perché i documenti ufficiali calcolano il cambiamento dal 2019; ma tra il 2019 e il 2021 la durata dei processi civili era già diminuita di molto, per ragioni che non possono aver nulla a che fare con il Pnrr. Anzi, a voler essere malevoli, con il Pnrr il trend di riduzione della durata si è fermato. I risultati sono stati un poco migliori nel penale, anche se lontani dal miglioramento del 30 per cento citato da Cassese.

Se si vuole provare a valutare gli effetti del Pnrr, bisogna considerare misure e periodi di riferimento che siano influenzabili dal Pnrr. Applicare questi due accorgimenti al settore della giustizia porta a raffreddare di molto i trionfalismi che stanno circolando insistentemente (trionfalismi, peraltro, non limitati al settore della giustizia).

C’è un altro modo per comprendere come questi trionfalismi siano immotivati. Se veramente assumere poche migliaia di addetti ha questi effetti clamorosi, perché abbiamo aspettato il Pnrr? Il costo di queste assunzioni è modesto, circa 2 miliardi una tantum. Secondo i documenti ufficiali dei governi da Conte II in poi, raggiungere i target sulla giustizia porterebbe a uno stratosferico aumento del Pil di 70 miliardi ogni anno (!) da qui alla fine del mondo. Stiamo parlando di migliaia di miliardi di Pil extra contro una spesa una tantum di 2 miliardi. Qualcosa non quadra, nella propaganda di allora e nell’analisi dei dati di oggi.