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di Fabrizio Goria

La Stampa, 5 giugno 2023

Per la transizione energetica servono occupati, secondo Banca d’Italia ci sono 120 mila posti che non saranno creati per carenza di personale. Palazzo Koch: “Flussi di lavoratori insufficienti”. Senza i migranti sarà difficile completare il Pnrr. Il Recovery dovrebbe creare, a regime, 120mila occupati nella transizione energetica. Ovvero nel 2025, l’anno di massima spesa del Fondo.

Il problema, come evidenzia la Banca d’Italia nella sua relazione annuale, è che nell’ultimo triennio l’invecchiamento della popolazione ha causato una perdita di 500mila persone dal mercato del lavoro. I flussi migratori netti, sottolinea Bankitalia, “non sono stati sufficienti a compensare tale decremento”. Mentre non aumenta l’occupazione stabilizzata e regolarizzata delle giovani generazioni, il Paese rischia di trovarsi nelle sabbie mobili, tra lungaggini burocratiche e salari meno competitivi.

La transizione ecologica ed energetica può generare valore. Non solo a livello produttivo, ma anche sul piano occupazionale. Il problema, secondo Banca d’Italia, è che il Paese è indietro. E ha un significativo bisogno di immigrazione per fronteggiare le sfide che ha di fronte. Da un lato, aumenta la domanda di unità lavorative nel segmento delle costruzioni e in quello dei servizi, che chiedono sempre più competenze qualificate in ambito green. Dall’altro, sottolinea Palazzo Koch, è sempre più complicato trovare addetti su base domestica. Questo perché servono più specificità. “La quota di occupati nella produzione di beni e servizi ambientali espressamente volti a una riduzione delle emissioni è ancora bassa: nei quattro principali Paesi dell’area dell’euro era inferiore al 2% nel 2020 e solo in lieve aumento rispetto al 2014”, spiegano gli economisti di Via Nazionale. Il problema è che non si trovano, come sottolineato più volte da Via Nazionale.

Il ruolo del Recovery non è minoritario. Secondo l’ultimo rapporto della Banca d’Italia, “gli investimenti pubblici forniranno un impulso potenzialmente rilevante alla transizione ecologica”. Nello specifico, “il Pnrr, da realizzare nel periodo 2021-26, destina a questo scopo il 37,5% delle risorse complessive”. Si stima, sottolinea Palazzo Koch, “che il Piano attiverebbe nel 2025, l’anno di massima spesa, circa 120.000 posizioni lavorative a tempo pieno limitatamente ai progetti con finalità verdi”. Di queste, circa 51mila sarebbero “riconducibili a misure per cui è esplicitamente indicato nel Piano un obiettivo di abbattimento delle emissioni climalteranti”. Il problema è che non ci sono lavoratori abbastanza formati per far fronte a questa domanda. Che improvvisa non è, visto che si discute del Recovery da un biennio.

A livello generale, gli investimenti del Pnrr possono produrre una domanda aggiuntiva di 375mila occupati, il 79% del quale è previsto nel settore privato. A spingere sarà l’edilizia, dove secondo le stime di Banca d’Italia ci si attende una domanda di 95.600 lavoratori a regime. Più o meno un decimo in più rispetto al livello pre-Covid. Segue il segmento “Ricerca & sviluppo” con 16.600 nuovi occupati attesi entro il 2024. E poi i 12.700 stimati al 2025 per il comparto elettrotecnico.

A fine 2022 le stime del Tesoro vedevano circa 150mila assunzioni l’anno nell’ambito del Recovery. Il risultato è molto lontano dalle previsioni, come rimarcato dagli analisti di Goldman Sachs. I quali, in una conferenza con gli investitori istituzionali di poche settimane fa, hanno sottolineato le inefficienze del Pnrr a partire dai gap occupazionali rispetto alla domanda. Per far fronte a questo divario, come ha rimarcato il governatore Ignazio Visco, bisogna “saper gestire i flussi migratori”. Nei prossimi anni ci sarà “una significativa spinta” dovuta alle migrazioni. Ed è per questo, secondo Visco, che è “necessario essere preparati”. Vale a dire, attendersi un ingresso organico e monitorato dei migranti. Un fenomeno necessario per la completa messa a terra del Pnrr.