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di Eleonora Camilli

La Stampa, 17 agosto 2023

Finestre completamente schermate da cui non si riesce a guardare fuori. Celle da condividere anche in otto, docce contingentante, attività sospese. E giornate lunghissime da superare. Nelle carceri italiane manca l’aria. E non solo per il caldo da bollino rosso di questi giorni.

Lo scorso anno il numero record di 85 suicidi aveva già fatto scattare un campanello d’allarme sulle condizioni invivibili degli istituti di pena. Quest’anno, le morti di Susan John e Azzurra Campari, a distanza di sole ventiquattr’ore hanno riportato in evidenza i problemi.

Innanzitutto quello di un sovraffollamento ormai strutturale: secondo i dati del ministero della Giustizia sono 57.749 i detenuti presenti, 6.464 in più della capienza regolamentare fissata sui 51.285 posti disponibili. Con un tasso di affollamento ufficiale intorno al 112,6% e che le associazioni, come Antigone, stimano almeno al 121%, in alcuni casi quasi al 200%.

Ma non è solo una questione di spazi ristretti. Da tempo, enti, organizzazioni ed esperti sottolineano come a mancare sia anche una reale idea riabilitativa del carcere, che offra una prospettiva oltre le sbarre a chi ha sbagliato. “I motivi che portano una persona a scegliere di togliersi la vita sono diversi, ma ogni volta che accade uno di questi episodi dobbiamo interrogarci - sottolinea Daniela De Robert, componente del Collegio dell’Autorità Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, che ha curato uno studio sui suicidi in carcere, dopo la catena tragica di eventi nel 2022 -.

Quello che abbiamo notato è che ci sono due picchi: i suicidi avvengono appena entrati in carcere, come nel caso di Susan John che era dentro da luglio, o quando si sta per uscire. Probabilmente perché nelle persone si fa strada l’idea che il carcere è un luogo da cui non si esce più o che quando esci non interessi più a nessuno”.

L’ansia di non riuscire a rialzarsi, la paura di non avere prospettive incidono anche sulle decisioni estreme, che non di rado coinvolgono anche persone in attesa di primo giudizio. Stando ai dati del ministero ad oggi sono circa 8.000 le persone che sono in carcere senza ancora una condanna. Altrettanti stanno scontando una pena inferiore ai tre anni. Persone che potrebbero avere accesso a misure alternative ma che spesso per mancanza di mezzi restano in carcere ad affollare le strutture.

“Bisogna investire sulle persone e sul loro reinserimento, su attività che siano significative, non basta il corso di ceramica. Il carcere spesso è un tempo vuoto - continua De Robert. L’estate è sempre un momento difficile, ci sono meno attività e presenze. Per le persone detenute il tempo, se possibile, diventa ancora più vuoto e questo acuisce le sofferenze”.

E poi ci sono le condizioni materiali che rendono la vita dentro un inferno. Secondo un monitoraggio fatto nei giorni scorsi dall’associazione Antigone in alcuni istituti manca addirittura l’acqua. In altri per il caldo opprimente, i detenuti hanno dovuto presentare una petizione per poter acquistare con i propri mezzi dei ventilatori. Nella metà dei 98 istituti visitati dall’associazione ci sono poi celle senza doccia, in alcuni è possibile farla solo in alcuni orari prestabiliti. “Ma quello che colpisce di più è l’apatia totale dei detenuti: specialmente in estate non fanno niente, passano il tempo a fissare il soffitto. Le giornate diventano più lunghe e pesanti da affrontare” spiega Andrea Oleandri dell’associazione.

“Ci sono persone che chiedono disperatamente di poter lavorare o di fare una telefonata”. Stando al report, l’offerta di attività è ancora scarsa: In media le persone che lavorano per il carcere stesso sono il 33,5% dei presenti, con valori però molto diseguali, mentre quelli che partecipano a percorsi di formazione professionale sono il 5,4%.

Anche l’associazione Nessuno Tocchi Caino chiede un cambio di passo e ricorda che il mandato del Garante dei detenuti delle persone private delle libertà è già scaduto da due anni, ma il governo non ha ancora trovato un successore. Un altro scoglio da superare in questa drammatica estate delle carceri italiane.