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di Giacomo Galeazzi

La Stampa, 8 maggio 2023

Sei milioni di morti in trent’anni: la guerra civile contrappone gruppi etnici e fazioni. Dal Nord Kivu all’Ituri il racconto della capomissione Alessandra Giudiceandrea: “Aiutiamo tutti”.

Nel Nord Kivu, a est della Repubblica Democratica del Congo, è in corso una catastrofe umanitaria: oltre un milione di persone sono fuggite dalle loro case a causa dei combattimenti. Colpo di coda di una guerra civile che in trent’anni ha provocato sei milioni di morti. Alessandra Giudiceandrea è la capomissione di Medici Senza Frontiere in Congo dopo esserlo stata in Afghanistan, Haiti, Sud Sudan. “Non ho mai sopportato le ingiustizie”, racconta alla Stampa l’operatrice Msf di Barletta. E per lei la prima ingiustizia è un malato che non ha accesso alle cure mediche. “Vedere un medico, essere curati gratuitamente è un diritto fondamentale, indipendentemente da dove si nasce. Io sono nata nella parte fortunata del mondo. Lavoro in Medici Senza Frontiere perché è indipendente, in Italia non accettiamo fondi governativi. Solo privati. Indipendenza economica è indipendenza di azione. Apriamo o supportiamo un ospedale basandoci solo sull’analisi dei bisogni medici”, sottolinea.

La Repubblica Democratica del Congo è lo stato più grande e popoloso dell’Africa centrale. Le urgenze includono epidemie di morbillo e colera in un sistema sanitario molto fragile: parte da qui il lungo elenco delle emergenze in Congo. “A rimetterci, come sempre, sono soprattutto i più vulnerabili, come i bambini: uno su 10 in Congo muore prima dei cinque anni. Non scordiamo poi Ebola, endemico nel paese, due anni fa abbiamo contribuito a sconfiggere la tredicesima epidemia di questo virus mortale”, evidenzia Alessandra Giudiceandrea. Oltre alle epidemie c’è anche la violenza, soprattutto in Nord Kivu.

“Nel paese è in corso una catastrofe umanitaria: sono 5 milioni le persone in fuga, solo un milione dal Nord Kivu, costrette ad abbandonare le proprie case negli ultimi 12 mesi per sfuggire ai combattimenti- afferma Alessandra Giudiceandrea-. Solo in quest’area si contano un centinaio di gruppi armati, la popolazione vive in uno stato d’assedio da ormai due anni”. Intorno a Goma, rifugi di fortuna fatti di teli di plastica o zanzariere si estendono a perdita d’occhio. I più fortunati hanno trovato riparo in chiese e scuole. Le famiglie sono da mesi in balia di piogge, epidemie e violenze, come dimostra “il preoccupante numero di vittime di violenza sessuale che curiamo ogni giorno nelle nostre strutture mediche”. A causa dell’incontrollabile situazione ad est e della forte presenza di corruzione a livello amministrativo, la Repubblica Democratica del Congo è relegata al 187° posto nell’indice di sviluppo umano, ultimo paese della lista. Innumerevoli le difficoltà e gli ostacoli per la sanità.

“Mancano personale sanitario e medicinali. Nel Nord Kivu, così come in altre zone dove ci sono epidemie in corso, molte strutture mediche hanno esaurito i farmaci a causa di problemi di approvvigionamento- precisa Alessandra Giudiceandrea. Ci sono addirittura alcuni centri sanitari che non ricevono medicinali da mesi. In questi territori, l’accesso all’assistenza sanitaria era già difficile, ma ora lo è ancora di più a causa della mancanza di strutture sanitarie funzionanti e del costo delle cure mediche, inaccessibile per molti nell’attuale crisi economica. Spesso le persone devono scegliere tra mangiare o ricevere cure mediche. Anche chi può permettersi di pagare le cure deve comunque trovare una struttura sanitaria funzionante. E ciò può richiedere diverse ore di cammino”.

Occuparsi di salute pubblica in un paese con fragilissime infrastrutture è un calvario. “La nostra indipendenza gioca un ruolo chiave - specifica Alessandra Giudiceandrea. Interveniamo lì dove c’è un bisogno medico e non in risposta alle agende politiche o di altri attori. In concreto Medici Senza Frontiere offre cure mediche in 21 delle 26 province, in media effettuiamo quasi 5.000 visite mediche al giorno”. Un dato che “continua a farmi impressione: siamo spesso uno dei pochi attori umanitari in azione nelle zone di conflitto”, osserva la capomissione. E aggiunge: “Nei centri sanitari che supportiamo nel territorio di Rutshuru, nel 2022 abbiamo curato più di 8. 500 bambini malnutriti, quasi il 70% in più rispetto all’anno precedente. Siamo di fatto presenti praticamente in tutto il paese con diversi tipi di attività sanitarie, che molte volte si sostituiscono al sistema statale. Noi facciamo del nostro meglio per rispondere ai bisogni che ci sono nel paese, ma questi restano comunque immensi”.

Alla comunità internazionale Msf chiede soprattutto di “non perdere tempo. È necessario che vengano raddoppiati gli aiuti e gli sforzi per garantire che gli aiuti umanitari raggiungano le persone che ne hanno bisogno, ovunque si trovino, mentre tutte le parti in conflitto devono impegnarsi a facilitare l’accesso delle organizzazioni umanitarie”. Questo vale per il Nord Kivu, ma anche nelle zone dell’Ituri e del Sud Kivu, che versano in condizioni molto gravi. “È come se la gente qui fosse stata abbandonata. Per mesi, in alcune aree, Msf è stata l’unica organizzazione umanitaria a lavorare, ma i bisogni degli abitanti superano di gran lunga la nostra capacità di risposta- chiarisce Alessandra Giudiceandrea-. Il nostro obiettivo è diventare inutili, ma a giudicare dalla situazione nella repubblica Democratica del Congo siamo ben lontani dal traguardo. Ma non ci arrendiamo. Vedere un medico, essere curati gratuitamente, è un diritto fondamentale, indipendentemente da dove si nasce. Sono, siamo, in Congo per questo”.

Tre mesi fa anche papa Francesco si è recato nel martoriato Paese africano e non ha potuto visitare l’est del Paese a causa dell’insicurezza. Nella capitale Kinshasa il Pontefice ha pregato per le popolazioni dell’est, da tre decenni vittime della barbarie e della malvagità degli uomini. La sfida principale del momento, secondo i vescovi locali, è l’unità di tutti i congolesi che devono “mettere da parte ogni dissenso e ogni altra divisione per vincere, insieme, la lotta contro la balcanizzazione del Paese e per salvare l’integrità territoriale e la sovranità nazionale”. Perché “una casa divisa in se stessa non può rimanere in piedi”, dice la Rete Pace del Congo. Medici Senza Frontiere è nel cuore ferito del continente proprio per sostenere i più fragili. Nessuna arma è più forte della solidarietà. E condividere significa cominciare a fermare una violenza in perenne escalation.