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di Mattia Feltri

La Stampa, 24 novembre 2023

Prosegue strenua la campagna di Giorgia Meloni contro i poteri forti. L’ultimo esempio: compilata la legge di bilancio, un occhio sulla calcolatrice, l’altro sui mercati, il consenso dell’Unione europea, l’assenso della Bce, un accordo con le banche, una mano tesa a Confindustria, il governo s’è accorto d’essere rimasto a corto di quattrini per il Fondo delle vittime dei reati di mafia. Accidenti. E adesso? Intollerabile per una presidente del Consiglio avviata alla politica in morte di Paolo Borsellino. Dunque? Vendere una quota del Monte dei Paschi? Espropriare tre magazzini di Amazon? Requisire gli yacht di George Soros? Mettere all’asta l’auto blu di Lollobrigida? E dai e dai, il colpo di genio è arrivato: e se prendessimo il denaro dalle buste paga dei carcerati? Ideona! Che poi “prendere” è una parola brutta. Chiamiamolo “contributo di solidarietà obbligatorio”. La solidarietà obbligatoria è un ossimoro ai confini del rivoluzionario, e rivoluzionario questo governo voleva essere e senz’altro lo è nel nuovo ordine di rubare ai poveri per dare ai poveri. Così se un detenuto fa il bibliotecario, impasta biscotti o assembla bulloni, gli si preleva il cinque per cento dallo stipendio. Già gli si preleva qualcosa per vitto e alloggio in cella, qualcosa per le spese processuali, per risarcire le vittime: un prelievo più, non se ne lamenteranno. E se si lamentano pazienza, tanto stanno sulle scatole a tutti. Che poi, a pensarci bene, questo fervore nell’introdurre nuovi reati e allungare le pene per i reati vecchi è una buona semina: più carcerati e in carcere più a lungo, ci si può rimediare una fortuna.