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di Marco Chiavistrelli*

L’Unità, 23 luglio 2023

Ho lavorato trent’anni dentro una fabbrica e l’opinione diffusa era che la delinquenza fosse un fatto soggettivo, una questione di indole personale, le classiche mele marce in un canestro di mele buone da scartare e buttare nella spazzatura.

Sono convinto che se anche gli operai sfruttati la pensano così, la maggior parte della popolazione considera coloro che finiscono dentro come “altro da sé”, quasi qualcosa di misterioso, di nato male, di cattiva genia. E parrà strano, ma in certe cittadine, paesi abitati da popolazione occupata anche di reddito non ricchissimo ma stabile, si contano sulle dita di una mano gli individui che incorrono nella giustizia.

Ma se le cose stessero così, se fosse davvero una questione di “cattiva genia”, gli abitanti delle galere cambierebbero casualmente ogni anno per ceto, istruzione, quartiere, estrazione sociale, preparazione culturale, tipo di famiglia di appartenenza: per cui ecco che quest’anno finiscono dentro tanti ingegneri, quest’altro anno tanti operai, ecco il turno dei banchieri, ma guarda che pieno di parrucchieri questo altro anno, oh ecco i liceali. il mese dopo invece chi ha fatto solo le elementari.

E anche l’estrazione geografica idem: quest’anno trionfa il nord, ecco il centro. Ma non è così, le statistiche, in modo crudele, ripetono ogni anno che delinquono gli stessi soggetti: poverissimi e poveramente istruiti, soprattutto meridionali in percentuale molto superiore al numero effettivo, moltissimi stranieri emarginati e indigenti anche qui in percentuale maggiore del loro numero. Tutti accomunati dalla classe sociale e dalla mancanza di istruzione, la povertà ogni anno produce le sue vittime dal suo serbatoio relativamente piccolo di pochi milioni di persone che vivono sotto la sua soglia che quasi sempre si associa a una preparazione culturale molto carente.

La delinquenza è istradata dalla formazione culturale e dalla condizione sociale di partenza. Ci sono autostrade già asfaltate che portano al carcere e modelli psicologici valoriali identificativi che nei quartieri, centri, zone, territori più poveri accolgono i nuovi nati in una ripetizione all’infinito di miseria incultura e devianza, carcere e poi recidiva senza sbocchi e sostegni e rieducazioni possibili.

Lo stesso ambito scolastico, foriero se funzionante di potente allontanamento dalla devianza, mostra la gravità di situazioni di svantaggio sociale economico e psicologico, zone emarginate, quartieri bassi, famiglie disastrate, assenza di interventi statali di sostegno culturale e ricreativo, redditi infimi soprattutto femminili, miseria strutturale, possibilità economiche assenti per studiare, fare sport, crescere come personalità nuova e dinamica.

Un test sociologico mostra meglio di qualsiasi discorso cosa siano la povertà, lo svantaggio, la delinquenza. Tratto da un famoso testo di sociologia utilizzato nei concorsi ufficiali dello stato italiano. Siamo in Scozia negli anni 60. Nascono due gemellini identici subito abbandonati. Allora si poteva fare un abominio simile: si dà in affidamento il primo a una famiglia colta, borghese, benestante inseritissima nella società che conta.

Il secondo si dà a una famiglia molto povera, culturalmente a zero, anzi potenzialmente portata all’arte di arrangiarsi riguardo alla legge. Poi si guardano a 15 anni. Orbene, se la delinquenza fosse soggettiva potrebbe essere delinquente anche il primo fratello, e se l’intelligenza fosse innata potrebbe essere un asino il primo fratello e un genio il secondo. No signori che sparate teorie sul delinquente nato male e sul bravo a scuola genietto innato, i risultati furono altri.

A 15 anni il primo gemellino era uno scolaro bravissimo, educato e competente, inserito in un giro di amicizie altolocate. E il secondo? Il secondo era completamente fallito scolasticamente senza il sostegno di fondo della famiglia. Senza lo studio iniziava a frequentare brutte compagnie e cominciava a fare capolino un possibile futuro di devianza, illegalità, arrangiamento.

Dell’eguaglianza originale non restava nulla, i destini si erano divaricati come le due famiglie di provenienza. Al figlio buono un futuro di lauree, matrimoni riusciti e successo nella vita. Al figlio cattivo un curriculum vitae fatto di riformatori, carceri minorili, carceri veri e propri.

Delinquenti non si nasce, ma si diventa e inesorabilmente si finisce nello stesso posto: il carcere. Dove buttiamo gli scarti della società. Dove una comunità virtuosa fa la sua raccolta differenziata, di separazione del male dal bene.

*Cantautore