sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Carla Forcolin

Ristretti Orizzonti, 10 settembre 2023

Il governo inasprisce leggi e pene per i minorenni che delinquono dopo fatti gravissimi attuati da giovanissimi. Fa sua la logica dei parenti delle povere vittime, che chiedono vendetta. Ma la vendetta, soprattutto in un paese cristiano, non è giustizia.

Si è tutti d’accordo sul fatto che i ragazzi che commettono reati devono essere contenuti ed insieme educati, ma il contenimento non deve impedire l’educazione. Più una persona è giovane, più è duttile e l’idea che ragazzi di 15 anni siano ormai da trattarsi come i cinquantenni (che pure non vanno mai abbandonati) è un’idea da perdenti. I ragazzi di quell’età si possono ancora recuperare, con le uniche strategie educative che hanno dimostrato, dai tempi di Rousseau, di essere valide: coinvolgimento attivo, responsabilizzazione, risveglio di interessi sani in loro, costruzione di buoni rapporti tra coetanei e tra giovani e adulti, introspezione e gruppi di parola, potenziamento delle capacità espressive, studio e lavoro. Il tutto attuato alla luce di rapporti seri, anche severi, ma empatici e rispettosi.

Chi sono questi ragazzi? Spesso sono figli di persone che vivono ai margini della nostra società, ragazzi che sono vissuti in piena povertà educativa, senza modelli positivi con cui identificarsi. Questo non li priva del libero arbitrio, ci sono figli della stessa famiglia che seguono strade diversissime tra loro. Devono capire il male che hanno fatto, magari entrando in contatto con le loro vittime o i familiari delle stesse. Devono capire che le loro azioni hanno delle conseguenze, sugli altri e su loro stessi, ma anche il punire le loro famiglie se non li mandano a scuola con il carcere sembra assurdo. Se si mettesse in carcere la madre di 4 figli perché non ne manda a scuola uno, che farebbero gli altri bambini?

Ci vuole un vero impegno del Governo e dello Stato nel senso della prevenzione e della lotta alla povertà educativa. I bambini delle famiglie più in difficoltà vanno mandati all’asilo nido e alla scuola materna, e questa deve divenire obbligatoria; con i loro genitori si deve dialogare e si deve far vedere loro cosa imparano i bimbi e quali sono i loro talenti, perché si orientino nel senso di farli crescere anche culturalmente, dando loro quello che essi stessi non hanno ricevuto. La scuola deve essere concepita come un diritto, non un’imposizione! E la scuola, da sola, non può sostituirsi alla famiglia.

Chi scrive ha fatto l’insegnante e ricorda ragazzini che si alzavano da soli e a scuola venivano per scelta, mentre la madre dormiva. Questo succede se la scuola è accogliente. Ai tempi avevo una preside che andava nelle case dei bambini inadempienti e li portava ad acquistare libri e quaderni …

Ma voglio fare un esempio di progetto educativo per minorenni già affidati all’USSM, cioè ai Servizi Sociali del Ministero di Giustizia: il progetto “Arrampicare”, finanziato dalla Regione Veneto all’Associazione “La gabbianella”. Qui alcuni ragazzi selezionati dalle brave assistenti sociali dell’Ussm sono stati messi nelle mani di sapienti guide alpine, perché si confrontassero con uno sport che implica un mucchio di cose: acquisizione attenta di tecniche necessarie e quindi disciplina, collaborazione reciproca in cordata, coinvolgimento psicofisico, consapevolezza della propria paura e superamento della stessa nella fiducia verso le guide, contatto con la natura, soddisfazione, divertimento, autostima… la cosa ha funzionato e c’è stato chi è ritornato in palestra di roccia, durante l’estate, da solo, e chi ha lavorato e studiato insieme per recuperare il tempo perso. Un ragazzo in particolare diceva che le attività più belle della sua vita le aveva fatte in “messa alla prova”. Sembra che i ragazzi che hanno avuto esperienze positive ne escano rafforzati nel carattere e decisi a non delinquere più. L’idea che il carcere possa educarli meglio mi sembra davvero ridicola, il carcere è invocato per punire in questi casi, non per educare.

Seguire i giovani che hanno commesso reati fuori dal carcere è senz’altro più utile per tutti, piuttosto bisogna aumentare il numero delle assistenti sociali, perché possano seguire, con maggior tranquillità, i loro assistiti uno ad uno con la loro sapienza e attenzione.