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di Francesca Del Vecchio

La Stampa, 17 aprile 2023

Il picco degli abusi tra i 18 e i 24 anni: fino a 5-6 consumazioni per serata. In Italia sono quasi nove milioni - 8,7 per l’esattezza - le persone che hanno problemi con l’alcol. Secondo i dati dell’Istat relativi al biennio 2020-2021 (quelli che riguardano il 2022 saranno elaborati il prossimo anno insieme ai dati del 2023) il 15% degli adulti compresi tra i 18 e 69 anni consuma alcolici in modalità o quantità ritenute “a maggior rischio” per la salute.

Con questa definizione si classifica l’utilizzo abituale elevato, cioè superiore a due unità alcoliche (UA, che corrisponde a 12 grammi di etanolo, quantità contenuta per esempio in una lattina di birra da 33 cl, in un calice di vino o in un bicchierino di liquore) giornaliere per gli uomini e una UA giornaliera per le donne.

Il consumo “a maggior rischio” è più frequente fra i giovani e i giovanissimi (tra i 18-24 anni) con una quota che raggiunge il 30%. Tra gli uomini questa percentuale è del 19% mentre tra le donne del 12%. Sull’uso più o meno “responsabile” sembra non incidere la condizione socio-economica, anzi: il 17% delle persone socialmente avvantaggiate o con livello d’istruzione alto assume alcol in maniera pericolosa a fronte del 13% di quelle che hanno molte difficoltà economiche. Il costo dei prodotti alcolici, talvolta elevato, è dunque in minima parte un deterrente per le fasce sociali svantaggiate. Le aree del Paese in cui il “consumo a rischio” è più frequente sono le regioni del Nord - i trend prevedono un aumento nei prossimi anni - con picchi nella Provincia autonoma di Bolzano. Seguono la provincia autonoma di Trento, la Valle d’Aosta e il Friuli Venezia Giulia. Tra le regioni del Sud, è il Molise che registra la percentuale di consumatori di alcol a maggior rischio più alta.

Un focus nello studio dei dati sull’alcolismo in Italia è certamente dedicato ai giovani, il cui uso di alcol ha mutato abitudini nel tempo. Nel 2020, il 46,9% dei ragazzi e il 42,5% delle ragazze tra gli 11 e i 24 anni aveva consumato almeno una bevanda alcolica nel corso dell’anno: rispetto al 2010 c’è stata una diminuzione della prevalenza maschile del 10% e un aumento tra le ragazze del 4,2%. Un ulteriore dato relativo al consumo giovanile a rischio riguarda il fenomeno del “binge drinking”: è chiamata così quella tendenza a consumare 5-6 drink nella stessa serata a intervalli molto ridotti. Il consumo “binge” viene osservato dal 2010: il risultato è stato un lento e progressivo aumento negli anni fino ad arrivare al 18,4% del 2021 tra i ragazzi compresi nella fascia 18-24 anni (ultimo dato disponibile). Nel 2020, sempre secondo l’Istat, riguardava il 16% dei giovani nella stessa fascia d’età, di questi il 22,1% maschi e il 14,3% femmine. Preoccupante, nel quadro complessivo nazionale, che tra gli intervistati, il 54% di pazienti con malattie del fegato, il 12% di donne in gravidanza e il 30% di quelle che allattano abbia consumato alcol nell’ultimo mese precedente all’indagine statistica.

Nell’anno 2020, poi, circa 29.300 accessi in Pronto soccorso sono stati caratterizzati da una diagnosi principale o secondaria attribuibile all’alcol: il 66% di questi in codice verde e solo il 2% in codice rosso, cioè massimo regime d’urgenza. In prevalenza (il 71%) sono di sesso maschile a fronte del 29% di sesso femminile. Mentre i dati ricavati dalle dimissioni ospedaliere nel 2020 rilevano 43.445 dimissioni connesse a una patologia attribuibile all’alcol. Quanto ai dati relativi ai decessi (quelli più recenti sono del 2018) parlano di 1.224 morti per patologia attribuibili all’alcol di persone di età superiore a 15 anni: il 81,5% di questi erano uomini, il 18,5% donne.