sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Donatella Zorzetto

La Stampa, 30 marzo 2024

Un test psicologico da sottoporre ai magistrati? Potrebbe anche essere efficace, ma in termini generali. Come le domande dello stesso test, dal nome Minnesota: alcune anche banali, altre caratteristiche di determinate problematiche sulla base di una standardizzazione clinica. Lo scopo? Sondare l’aspetto psicologico di una persona. Anche di un magistrato, evidentemente, secondo chi l’ha proposto. Ma non basta, nel senso che, se si evidenziassero alterazioni rispetto alla norma, allora bisognerebbe ricorrere a strumenti più specifici. Lo spiega Emi Bondi, presidentessa della Società italiana di psichiatria, con tutte le cautele del caso.

“Un test generale” - Il Minnesota Multiphasic Personality Inventory, o Mmpi, che potrebbe essere somministrato ai magistrati, secondo il decreto legislativo approvato il 26 marzo dal Consiglio dei Ministri, è uno strumento largamente utilizzato. Ne sanno qualcosa i poliziotti, o i soldati, che devono affrontarlo a inizio carriera. Cosa che Bondi sottolinea. “Stiamo parlando di uno dei test in assoluto più diffusi e conosciuti, usato sia a livello di pratica clinica che per screening di tipo psicologico - spiega Bondi -. Un test che ha più di 100 anni, ideato nel 1942, negli Stati Uniti, e poi revisionato negli anni 90 per adeguare risposte e domande alle necessità del tempo”.

“Mette a nudo il nostro profilo psicologico” - A cosa serve e perché è così diffuso? “Perché è un test generale che consente di farci comprendere l’aspetto psicologico di un individuo, le sue carattreristiche generali appunto: se vi sono deviazioni verso scale cliniche generali, ossia patologie come depressione, ipocondria, schizofrenia. Ovviamente patologie che, se emerono, vanno approfondite in sede psichiatrica”, spiega Bondi. Dunque, le applicazioni del sistema Minnesota, oltre che lavorative, sono spesso psichiatriche: il test viene usato per evidenziare problemi psicologici che vanno dalla depressione all’ipocondria, dal rischio dipendenze.

Tre elementi di valutazione - Sono tre le scale di valutazione in uso nel test Minnesota. “Sono ‘menzogna’, ‘eccessivo controllo emotivo’ e ‘atipia della risposta’: consentono di verificare se la persona ha risposto in modo sincero - conferma la psichiatra. Il test pone domande, alcune banali e altre caratteristiche di determinate problematiche, sulla base di una standardizzazione clinica. In questo modo si può vedere se l’interessato presenti alterazioni rispetto alla norma. E quante: se due o tre insieme. Può essere paranoico o sospettoso fino ad avere delle vere e proprie personalità patologiche, che però vanno validate con strumenti più specifici”.

Sono 567 affermazioni del test a cui si risponde “vero” o “falso”. Frasi come: “Mi piacciono le riviste di meccanica”; “Mio padre è una buona persona, o (se suo padre è morto) mio padre è stato una buona persona”, fino a “Riesco ad esprimere i miei veri sentimenti solo quando bevo” e “Ho spesso desiderato di essere di sesso opposto al mio”.

“Essendo domande poste in un certo modo, nel senso che vengono riproposte all’interno del test con una formulazione diversa, è possibile capire se la persona abbia risposto in modo coerente - sottolinea Bondi -. Non parliamo dunque di un test che fa diagnosi psichiatrica perché in quel caso si utilizzerebbero altre scale e il colloquio clinico, ma di una prova che fornisce un orientamento generale sul fatto che la persona sia nella norma quanto a emotività e capacità di relazionarsi agli altri, oppure se, al contrario, presenti qualche patologia”.

Le scale di validità - Dunque le scale di valutazione a cui fa riferimento Minnesota sono legate alla menzogna, all’eccessivo controllo emotivo e all’atipia di risposta. E per tutte e tre esistono punteggi che rendono il risultato del test invalido. Tre scale inserite tra le dieci cliniche, per ognuna delle quali esiste un punteggio oltre al quale viene definito il superamento della soglia di attenzione. Sono: 1- Ipocondria; 2- Depressione; 3- Isteria; 4- Deviazione; Psicopatica; 5- Mascolinità/Femminilità; 6- Pranoia); 7- Psicoastenia; - Schizofrenia; 9- Ipomaniacalità; 10- Introversione sociale.

“In base al punteggio di ogni scala clinica si può valutare la presenza o assenza di specifici sintomi e l’eventuale correlazione con particolari sindromi psichiatriche - conclude Bondi -. E tutto ovviamente essere rivalutato con esame clinico e supporto anamnestico”.