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di Giovanna Casadio

La Repubblica, 27 aprile 2022

L’ex ministra degli Esteri Emma Bonino ha contribuito a scrivere lo statuto della Corte penale internazionale dell’Aja. “Putin sarà processato, non resterà impunito, come non lo è stato Milosevic. E la Corte penale internazionale si sta già muovendo”. Emma Bonino, ex ministra degli Esteri e commissaria Ue, ha contribuito a scrivere lo statuto della Corte dell’Aja. Indica le tappe del diritto internazionale per arrivare a “spiccare un mandato di cattura, che sarà l’altro passo nell’isolamento del capo del Cremlino, come le sanzioni dal punto di vista economico”.

Bonino, ci sono strumenti di diritto internazionale per agire su Putin?

“Putin è il responsabile unico di questa aggressione violenta, non provocata ed ingiustificabile. Gli sforzi diplomatici ci sono stati e ci sono, l’ultimo è la visita del segretario generale dell’Onu prima a Mosca e poi a Kiev. Il punto è che Putin non sente ragioni e prosegue il suo tentativo di occupazione militare del territorio ucraino in nome della fantomatica ‘de-nazificazione’ e della ‘de-ucrainizzazione’ della Repubblica guidata da Zelensky. L’Onu è paralizzata dal diritto di veto nel Consiglio di sicurezza. La Corte penale internazionale può avere un ruolo decisivo, accertando i crimini di guerra e contro l’umanità. Diciamo che il fatto di subire un processo internazionale indipendente dovrebbe scoraggiare Putin, di certo lo isola”.

Ma come si fa a processare Putin?

“La prima competenza è della magistratura ucraina, soprattutto se supportata dall’invio di esperti di Paesi amici. E la procuratrice generale, Iryna Venediktova, non ha perso tempo. La Corte penale internazionale (la cui giurisdizione l’Ucraina ha volontariamente accettato nonostante non ne sia parte) opera in base al principio di complementarietà, vale a dire nel caso in cui lo Stato in questione sia inabile o riluttante. Qualora i russi dovessero prendere il totale controllo del territorio impedendo alla magistratura ucraina di procedere, entra in gioco la Corte penale internazionale. In questo senso agisce come una polizza assicurativa. Quindi Putin sarà processato in ogni caso”.

Un mandato di cattura internazionale, Putin come Milosevic, da parte della Corte dell’Aja, sembra oggi complicato...

“Lo sembrava anche per l’onnipotente Milosevic ai tempi del tribunale ad hoc per l’ex Jugoslavia, e per i suoi complici Karadzic e Mladic. Il primo è morto in carcere all’Aja, i secondi sono all’ergastolo. Il problema non è spiccare il mandato di cattura quanto la sua messa in esecuzione. Putin può sfuggirvi, ma non per sempre”.

Lei ha contribuito a scrivere lo statuto della Corte penale internazionale, che però ha giurisdizione solo su genocidio, crimini di guerra e contro l’umanità: va superata o rifondata?

“Non va superata o rifondata ma maggiormente sostenuta e legittimata. Arrivarci è stato un lungo cammino, anche attraverso passaggi intermedi come i tribunali ad hoc. La strada maestra per l’affermazione della giustizia penale internazionale è, e rimane, la Corte dell’Aja”.

Tuttavia non crede che la Corte sia già in ritardo?

“A dire la verità penso che la Corte dell’Aja abbia reagito prontamente, aprendo un’inchiesta e cominciando a raccogliere prove dei crimini per giudicare chi li abbia commessi”.

Quello che sta accadendo a Bucha, a Mariupol, in altre città ucraine le ricorda Srebrenica?

“Come livello di orrore senz’altro, ma a Srebrenica la dinamica fu diversa. Nonostante si trattasse di un ‘safe haven’, una zona sotto la protezione delle Nazioni Unite, Mladic e i suoi uomini agirono in totale impunità. Ci vollero mesi per raccogliere le prove del massacro, che furono subito occultate. Il vantaggio oggi è che le nuove tecnologie ci consentono di documentare i crimini quasi in tempo reale”.

L’Europa ha un ruolo gregario rispetto agli Usa?

 “L’Ue sta giocando al meglio il suo ruolo: sulle sanzioni, sull’isolamento politico diplomatico di Putin, sull’invio di armi perché Kiev possa difendersi e sull’accoglienza di milioni di rifugiati ucraini. Per avere un ruolo pienamente confacente alla nostra dimensione economica e strategica dovremmo dare all’Ue quello che gli stati non hanno ancora voluto, cioè una politica europea comune su politica estera e di difesa”.