Adnkronos, 30 luglio 2018
Giro di vite sulla custodia cautelare in carcere, per rendere più rigidi i criteri necessari per applicare tale misura. A chiederlo è il deputato di Fratelli d'Italia Edmondo Cirielli, con una proposta di legge sottoscritta anche dal capogruppo, Francesco Lollobrigida, e da altri colleghi dello stesso partito.
In particolare il testo prevede di integrare e far diventare più severi i tre presupposti in base ai quali attualmente un soggetto può essere preventivamente privato della libertà personale: pericolo di inquinamento delle prove, pericolo di fuga e pericolo di reiterazione del reato.
"La legge -spiega Cirielli- non si riferisce all'eventualità in astratto che questi comportamenti vengano messi in atto, ma a un rischio concreto e dimostrabile". "Purtroppo, nella realtà, tali criteri orientativi sono liquidati con leggerezza dalla magistratura o dallo stesso legislatore che per prassi, la prima, o per scelte di ordine pubblico, il secondo, omettono di valutarli adeguatamente".
"Il risultato - lamenta ancora l'esponente di Fdi - è che la maggior parte dei detenuti presenti nelle nostre carceri vi è perché sottoposta a custodia cautelare, quindi in attesa della sentenza definitiva. Il tema della custodia cautelare è, pertanto, tristemente ed inevitabilmente collegato con il problema del sovraffollamento dei nostri istituti di pena".
Così "a causa della superficialità nella valutazione dei presupposti, troppo spesso la magistratura cade in una sorta di automatismo nell'applicazione della custodia cautelare, tralasciando di riflettere adeguatamente sulla possibilità di applicare, nei casi specifici, altre misure restrittive meno lesive della libertà personale". Per Cirielli occorre quindi evitare "l'abuso della custodia cautelare" ed "eliminare gli automatismi punitivi o, al contrario, prevederli quando la persona viene colta in flagranza di reato".
Di qui la proposta di rendere più stringenti i requisiti che giustificano la custodia cautelare. In particolare, il presupposto del pericolo di inquinamento delle prove dovrebbe essere "sottratto alla valutazione discrezionale del magistrato", che dovrebbe "accertare la condotta concretamente tenuta dall'indagato o imputato", basandosi "non solo sulle circostanze di fatto, ma anche su condotte concrete della persona indagata o imputata". Quanto invece al secondo criterio che giustifica la custodia cautelare, Cirielli chiede che venga eliminato il "generico e opinabile 'pericolo di fugà", ma che si debba verificare "che l'imputato non solo si sia dato alla fuga, ma abbia tentato o tenti di darsi alla fuga".
"Da quando è entrato in vigore il nuovo codice di procedura penale del 1989, le carceri italiane - lamenta ancora Cirielli - sono colme di persone ingiustamente detenute, e su questo dato incidono non solo i molti stranieri presenti nelle nostre carceri, ma i moltissimi, troppi cittadini in attesa di giudizio: quattro detenuti su dieci, nelle 206 carceri italiane, sono in cella per un ordine di custodia cautelare, quello che prima della riforma del 1989 si chiamava più onestamente Ordine di carcerazione preventiva".
Occorre quindi "impedire l'uso distorto della custodia cautelare", mentre al contrario si "preferisce usare una maggiore clemenza nei confronti di chi è colpevole, piuttosto che aumentare le garanzie per gli innocenti.
Nelle prigioni italiane sono ristretti quasi 30.000 persone presunte innocenti, e di loro, statisticamente, circa un terzo si rivelerà innocente oltre ogni ragionevole dubbio dopo i tre gradi di giudizio e verrà liberato, dopo mesi o anni di carcere, con le scuse del nostro sistema giudiziario e un indennizzo proporzionato alla durata dell'ingiusta carcerazione. Per rimborsare il danno provocato da queste ingiuste detenzioni, lo Stato italiano ha già dovuto corrispondere quasi 600 milioni di euro".
"Sebbene il nostro Paese registri un tasso di criminalità inferiore a quello delle grandi nazioni europee, il tasso di detenuti in custodia cautelare - cita ancora Cirielli - è decisamente più alto della media: con il nostro 42 per cento siamo secondi solo alla Turchia (60 per cento), e ben al di sopra della Francia (23,5 per cento), della Spagna (20,8 per cento), del Regno Unito (16,7 per cento), e della Germania (16,2 per cento)".
Infine, per quanto riguarda la pericolosità sociale, "si richiede l'ulteriore requisito dell'esistenza di elementi di prova, che, unitamente al concreto e attuale pericolo, possano portare il magistrato a ritenere con sufficiente certezza" che il soggetto destinatario della misura "commetterà i gravi delitti" che la rendono applicabile.