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di Cesare Gai*

Il Riformista, 27 aprile 2024

Vale la pena di raccontarla questa storia, per dimostrare come un soggetto, condannato ad una severa sanzione detentiva, abbia saputo dimostrare resipiscenza ed emendarsi, sfruttando l’opportunità concessagli. La vicenda di Carlo non rappresenta un caso isolato. Le misure alternative alla detenzione garantiscono l’espiazione della pena e il reinserimento nella collettività seguendo modelli socialmente adeguati e rappresentano un’opportunità della quale bisogna dimostrarsi meritevoli.

Ed è questa l’ottica che dovrebbe informare le decisioni della Magistratura di Sorveglianza evitando a soggetti in grado di redimersi di soffrire una detenzione che invece rischia inevitabilmente di allontanarli da circuiti virtuosi. Forse varrebbe pertanto la pena di credere negli esseri umani e approcciare la fase dell’espiazione della sanzione nell’ottica rieducativa imposta dall’art. 27 della nostra Carta Costituzionale. Vale la pena di raccontarla questa storia, per dimostrare come un soggetto, condannato ad una severa sanzione detentiva, abbia saputo dimostrare resipiscenza ed emendarsi, sfruttando l’opportunità concessagli.

Tratto in arresto il 23 febbraio 2013 per il reato di omicidio volontario con l’accusa di aver ucciso un coetaneo nel corso di una lite, Carlo, all’epoca appena ventitreenne e completamente incensurato, vedeva derubricato il reato originariamente contestato nell’ipotesi di omicidio preterintenzionale. Veniva condannato a sette anni di reclusione, pena che veniva ridotta in appello a cinque anni e confermata nel successivo grado di giudizio per effetto del rigetto del proposto ricorso in Cassazione.

Carlo espiava inizialmente in regime cautelare in carcere un anno di reclusione tra il 23 febbraio 2013 e il 22 febbraio 2014 per poi venire posto in libertà per scadenza dei termini di fase. Sin dall’origine manifestava profondo rimorso per l’accaduto tentando in ogni modo di porre rimedio alla propria condotta. Egli ha sempre descritto quell’esperienza detentiva come devastante.

Era consapevole della gravità della propria condotta ma l’unica sensazione che provava era quella della paura. Paura per i suoi cari, assenza di prospettive future, il buio di un’esistenza da vivere in quattro mura e senza nessuna possibilità di dimostrare rimorso. Ha descritto il momento in cui ha riacquistato la libertà come un improvviso fascio di luce che lo ha disorientato e consentendogli di comprendere in un solo momento quanto fosse indispensabile dimostrare di esserne meritevoli.

La sentenza diveniva esecutiva il 12 gennaio 2018 e Carlo si costituiva volontariamente in carcere, ove espiava un ulteriore periodo di carcerazione tra il 17 gennaio 2018 e il 28 marzo 2018, data nella quale, per effetto di provvedimento adottato dal Giudice dell’Esecuzione, veniva nuovamente posto in libertà. In data 12 febbraio 2019 il Tribunale di Sorveglianza di Roma concedeva la misura alternativa di più ampio contenuto dell’affidamento in prova al servizio sociale, prendendo atto della condotta inframuraria priva di censure, dell’assenza di ulteriori pendenze, delle prospettive lavorative del condannato, che nelle more aveva reperito una occupazione presso un noto ristorante della capitale, aveva coltivato una seria relazione sentimentale con una ragazza con la quale conviveva, aveva manifestato disponibilità a percorsi di volontariato e mantenuto regolare stile di vita.

La misura veniva fruita puntualmente e condotta a termine in maniera positiva. Così Carlo, pagato il proprio debito con la giustizia, è in procinto di trasferirsi all’estero per essere assunto in un rinomato ristorante statunitense. Ciò non sarebbe stato possibile se, stritolato negli ingranaggi di un ufficio di Sorveglianza soffocato dal carico del ruolo, dalla carenza di risorse umane e da visioni anacronistiche della esecuzione penale, il suo fascicolo fosse rimasto sepolto, in mezzo a mille altri; mille altri Carlo con cui la sorte non è stata così benevola. Ciò non sarebbe stato possibile se nessuno avesse creduto in lui relegandolo in un carcere impedendogli di dimostrare che si può cambiare e provare ad essere migliori. Oggi Carlo continua a ripetere che la libertà, quando la si merita, è meravigliosa.

*Avvocato penalista