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di Emilio Robotti*

goodmorninggenova.org, 6 agosto 2024

“Ristretti Orizzonti” ha raccolto una storia di vita di un detenuto, che spiega come avrebbe potuto togliersi la vita, e come invece è stato salvato che si può riassumere con queste sue frasi: “Cinque minuti per suicidarsi purtroppo si trovano facilmente: per questo racconto cos’ho vissuto quando mi è stata revocata la liberazione condizionale, che per me ha significato il ritorno alla pena dell’ergastolo, e come l’ascolto attento degli operatori e la collocazione in una “cella aperta” mi abbiano davvero “salvato la vita”.

I suicidi in carcere continuano a non far parlare di sé, tranne che da parte degli addetti ai lavori, eppure i numeri sono terribili: 62 suicidi mentre scriviamo, cioè in media 2 suicidi a settimana, 20 suicidi ogni due mesi. A fronte di 85 suicidi nel 2023, con questo trend a fine anno saremo certamente oltre i cento suicidi in carcere.

Ai suicidi dei detenuti, si aggiungono i suicidi delle guardie penitenziarie (sette, dall’inizio del 2024), a dimostrazione del fatto che il carcere è una fabbrica di morte e di negazione dell’essere umano, un non luogo che produce patologia mentale.

Il carcere è un territorio nel quale, da innocente, può entrare chiunque di noi, come dimostrano diversi casi celebri, ma anche meno celebri.

Un luogo dal quale ti difendi togliendoti la vita, o ribellandoti in altro modo: al 22 luglio 2024 il DAP (il Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) ha registrato 87 rivolte, alle quali vanno aggiunti i disordini nella casa circondariale di Velletri, le proteste nelle carceri di Terni e di Biella, l’occupazione dei passeggi di Regina Coeli. E alcune tragiche vicende degli ultimi anni per le quali è in corso l’accertamento giudiziario, come i pestaggi nel carcere minorile “Beccaria” e le torture nel carcere di Reggio Emilia (ma Antigone riporta altri casi degli ultimi anni nei suoi rapporti).

L’ultimo rapporto di Antigone è inequivocabile: il carcere in Italia è la negazione della nostra Costituzione, dello Stato di Diritto, il superamento di ogni limite consentito in un paese che voglia definirsi civile, che non sottoponga i detenuti a trattamenti inumani e degradanti, a tortura.

Riporta Antigone che al 30 giugno 2024, le carceri italiane ospitavano 61.480 detenuti a fronte di soli 51.234 posti regolamentari. Il tasso di affollamento ufficiale è del 120%, ma la situazione è ancora più grave se si considerano i posti effettivamente disponibili. Tenendo conto dei 4.123 posti non utilizzabili, il tasso reale di affollamento sale al 130,6%, ma in 56 istituti supera il 150% ed in 8 è superiore al 190%. Record negativo al carcere di Milano San Vittore (sezione maschile) con un incredibile 227,3% di sovraffollamento, Brescia Canton Monbello (207,1%) e Foggia (199,7%). Anche gli Istituti Penali per Minorenni, grazie alla politica machista del governo Meloni, per la prima volta sono sovraffollati. Al 15 giugno 2024, erano infatti presenti 555 giovani (25 le ragazze) a fronte di soli 514 posti ufficiali (nel 2023, un anno prima, i detenuti minorenni erano 406).

Il 64,1% dei detenuti non ha ancora una sentenza definitiva. Che le carceri italiane “offrano ai loro ospiti” condizioni inumane e degradanti vietate dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo (CEDU), come accertato dalle condanne allo Stato Italiano della Corte di Strasburgo, lo dimostrano le visite dell’Osservatorio di Antigone. Effettuate in 88 istituti negli ultimi 12 mesi, hanno dimostrato che nel 27,3% delle carceri visitate ci sono celle che non garantiscono il minimo di 3 metri quadri di spazio calpestabile per ogni detenuto.

Oltre la soglia del limite minimo di dignità per la persona detenuta. E il sovraffollamento si riverbera, negandolo, sull’accesso ad attività in carcere, ma anche sul diritto alla salute e a qualsiasi standard minimo di dignità e di sopravvivenza: il rapporto di Antigone cita celle con 50 gradi di temperatura, senza servizi igienici funzionanti, infestazioni di topi ed insetti, mancanza di qualsiasi attività ricreativa e formativa.

Ai cultori del carcere duro, a quelli che “il carcere non è un albergo di lusso”, il rapporto ricorda che il sovraffollamento carcerario costituisce anche una minaccia alla sicurezza dei cittadini, perché aumenta il tasso di recidiva, come dimostrano i dati: al 31 dicembre 2021 solo il 38% delle persone detenute era alla prima carcerazione, mentre il 62% ne aveva già subita almeno un’altra. Addirittura, il 18% dei detenuti aveva alle spalle almeno cinque carcerazioni precedenti.

Il sovraffollamento carcerario in Italia è un problema storico, ma il governo Meloni ha contribuito e sta contribuendo ad aggravarlo, anche attraverso l’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento delle pene.

Le proposte di Antigone per fermare la strage la negazione della dignità di chi è in carcere prevedono il rigetto del pacchetto sicurezza in fase di approvazione, che introduce nuove fattispecie di reato relative al carcere come la rivolta penitenziaria e la detenzione per donne incinte o con bambini piccoli.

Al contrario, Antigone propone invece di ampliare la liberazione anticipata a 75 giorni per semestre, telefonate quotidiane ai detenuti, dotare tutte le celle di ventilatori o aria condizionata e frigoriferi, il ripristino del sistema di celle aperte durante il giorno, la modernizzazione della vita carceraria con accesso controllato a internet e l’assunzione di 1000 giovani mediatori culturali e 1000 educatori e assistenti sociali, un maggiore impegno sul fronte sanitario con l’aumento di psichiatri, etno-psichiatri e medici, e un sistema sanzionatorio più premiante si propone di ampliare i consigli di disciplina e introdurre misure alternative come premi.

È generalmente attribuita a Voltaire la frase “Non fatemi vedere i vostri palazzi ma le vostre carceri, poiché è da esse che si misura il grado di civiltà di una Nazione”. Di chiunque sia, è una grande verità. Il grado di civiltà dell’Italia certamente non è dimostrato solo dalla condizione dei detenuti, perché si muore troppo anche sul lavoro o nel Mediterraneo per cercare di raggiungere l’Italia, o negli incidenti stradali (prima causa di morte tra i giovani in Europa). Ma certo è dimostrato anche dalla condizione delle carceri e dalla totale assenza di dibattito sulla situazione carceraria, come dimostra la stessa vicenda della intercettazione dei colloqui tra il femminicida (presunto, perché non condannato definitivamente, nonostante sia reo confesso) Filippo Turetta ed il padre. Molti hanno giustamente rilevato che l’intercettazione del colloquio poteva essere inutile, ma certamente era inopportuna ed illegittima la sua pubblicazione. Quasi nessuno ha affermato “Ehi, sono le parole di un padre ad un figlio in carcere, dove siamo oltre ogni record di suicidi, di sovraffollamento, di negazione della dignità” dei detenuti! Sono le parole di un genitore ad un figlio, che teme si suicidi ora che è in carcere, un figlio che si è macchiato di un crimine gravissimo, che ha già perduto, ma che non vuole muoia!”.

Quasi nessuno ha riportato quelle dichiarazioni di un genitore disperato alla situazione, inaccettabile, delle carceri italiane, all’ennesimo, ripugnante, “decreto sicurezza” che produrrà, ancora una volta, solo insicurezza accanto ad un ulteriore aumento dei detenuti.

Eppure, non c’è più tempo: il carcere non aspetta, a giorni il record di suicidi sarà nuovamente superato, e poi ancora, e poi ancora.

Giustamente Antigone ha intitolato il suo rapporto “Nodo alla gola” richiamando l’atto dell’impiccagione. Ma se non lo proviamo noi, fuori dal carcere, un nodo alla gola, di fronte al numero dei suicidi in carcere ed ai dati sul sovraffollamento, possiamo ancora dirci umani e persino liberi?

*Avvocato di strada