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Ristretti Orizzonti, 11 gennaio 2024

La redazione di Ristretti Orizzonti, composta da persone detenute, volontarie e volontari, da venticinque anni si riunisce praticamente ogni giorno intorno ad un tavolo nella Casa di reclusione di Padova per discutere, approfondire, studiare, trovare risposte e proposte su tematiche complesse che riguardano il carcere. Da più di dieci anni ne fanno parte anche persone detenute nel circuito di Alta Sicurezza, nell’ambito di una sperimentazione importante, che punta a un lavoro di responsabilizzazione di tutti, anche di quelli che l’Istituzione spesso “condanna” a restare cattivi per sempre, gli ex appartenenti alla criminalità organizzata.

Non ci piace la definizione “pianeta carcere”, perché fa pensare a un mondo alieno, mentre in carcere sono rinchiuse PERSONE con la loro umanità, ma che il carcere rischi di diventare un pianeta a sé, in cui, purtroppo, molto spesso la legge è infranta, la logica salta, è realtà che noi, persone detenute e volontari, sperimentiamo ogni giorno. Andando sempre, per dirla con De Andrè, in “direzione ostinata e contraria “, noi però non ci siamo finora arresi, consapevoli che fare comunicazione rispetto alla detenzione richiede pazienza, costanza e gentilezza. L’espressione “gentilezza”, può risultare un paradosso, se si pensa che molti, fra i nostri redattori, sono responsabili di reati gravissimi, di fronte ai quali però, incontro dopo incontro, ci dedichiamo non a cercare giustificazioni, ma a comprendere e spiegare quali possano essere i contesti e i percorsi che conducono una persona a compiere l’irreparabile. Per questo è imprescindibile usare “gentilezza”, sforzarsi di trovare parole che lascino spazio sempre e comunque al confronto, non imporre mai, ma sempre proporre il nostro punto di vista.

Tommaso Romeo è parte della nostra redazione da dieci anni: con costanza, intelligenza, determinazione e coraggio, si è seduto intorno al nostro tavolo, partecipando alle discussioni, presentando la propria posizione e arricchendo il nostro ragionamento con lucidità e onestà intellettuale, venata talvolta, quando la sofferenza era tanta, da una sottile e malinconica ironia. Tommaso ha portato testimonianza del suo passato di fronte a migliaia di ragazze e ragazzi delle scuole superiori che entrano in carcere per un progetto di confronto tra le scuole e il carcere, ma anche in diversi collegamenti online con scuole di Reggio Calabria, si è rivolto alle classi, spiegando quale sia stato l’esito delle sue scelte: il dolore provocato alle vittime e ai suoi familiari, la sofferenza del 41 bis, la miseria della vita detentiva.

Giovedì 4 gennaio gli è stato comunicato che doveva raccogliere le sue cose e prepararsi per un trasferimento in un altro carcere, probabilmente Oristano, per motivi di “ordine e sicurezza”. Quando ci ha spiegato, intorno al tavolo, quello che sarebbe accaduto, siamo rimasti per qualche minuto sconfortati, senza parole… poi è prevalsa la volontà di capire, di trovare risposte, e fra tutte le domande ce n’è una per la quale desideriamo in particolar modo avere una risposta: se, in base al secondo articolo della nostra Costituzione, vi sono diritti che spettano ad ogni persona come essere umano e se per l’articolo 27 della Costituzione, ogni persona è “presunta non colpevole” fino a sentenza definitiva, qual è la ragione per un trasferimento disposto nei confronti di Tommaso Romeo, per fatti che risalgono al 2016-2017 e per i quali per ora non c’è nemmeno un rinvio a giudizio?

A Padova poi si aggiunge il fatto che fra poco devono ristrutturare la sezione AS1, e la paura è che trasferiscano “provvisoriamente” i detenuti di AS1 in diverse carceri, e questo vorrebbe dire annullare tutti i percorsi che hanno fatto.

Perché, con un colpo di spugna, si sono cancellati anni d’impegno nella nostra redazione? Tommaso non sarà più recluso nel carcere “Due Palazzi”, ma è sempre parte della nostra redazione, uniamo e uniremo la sua voce alle nostre, aspettando, nonostante tutto con fiducia, una ragionevole risposta, e ricordando che, come dice Papa Francesco, è disumana una pena che non tiene aperta una finestra di speranza.

A cura della redazione di Ristretti Orizzonti

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Lettera a mio padre, di Francesca Romeo

Ciao papà, non so se in questo momento già ti hanno trasferito o sei ancora lì a Padova ad aspettare questo trasferimento. Una notizia arrivata inaspettatamente proprio quando le cose stavano andando nel verso giusto. Stavi facendo un percorso importante, avevi preso dei permessi dove ti sei messo in gioco soprattutto con le scuole, portando la tua testimonianza.

Proprio adesso arriva questo trasferimento, proprio ora che ti dovevo portare mio figlio, Tommasino, proprio ora che stavi avendo tante soddisfazioni. Purtroppo quando me l’hai detto ho letto nei tuoi occhi la delusione e l’amarezza, tu sei bravo a nascondere i tuoi stati d’animo, ma quella mattina l’ho visto e non potrò mai dimenticare quello sguardo di delusione, ed è vero non te lo meritavi perché questo vuol dire tornare indietro e non è giusto.

Proprio tu che testimoniavi agli studenti che a fare le scelte sbagliate uno si brucia la gioventù, proprio tu che mi hai fatto mettere la faccia insieme alla tua (l’anno scorso eri uscito in permesso per andare a portare la tua testimonianza in una scuola e siamo andati insieme, sono venuta anch’io, e a vedere tutti quei ragazzi che ascoltandoci si emozionavano io mi emozionavo peggio di loro, è stato bello fare qualcosa di costruttivo e importante insieme) dove affermi che purtroppo i tuoi errori non ti hanno portato a niente, anzi ti hanno portato a rovinarti la vita, e che se solo potessi tornare indietro non l’avresti mai fatto, proprio adesso arriva questo trasferimento! Sì è vero non l’ho accettato e non lo accetterò perché non te lo meriti, non ce lo meritiamo.

Mi domando dov’è la giustizia, doveva premiarti per il percorso fatto invece ti punisce con un trasferimento in un carcere punitivo. Non lo accetto tutto questo, ma ti prometto che anche in capo al mondo io verrò a trovarti come ho sempre fatto, sarò forte per te proprio perché non ti meriti questo trasferimento.

È vero abbiamo girato quasi tutta l’Italia dal nord al sud e dal sud al nord, la Sardegna ancora ci mancava, ma dopo 31anni di carcere di cui 8 di 41-bis dove ci hanno negato pure il diritto di volerci bene, dopo 6 permessi e un percorso rieducativo significativo non te lo meritavi, mi dispiace solo per te papà perché non so se questo carcere dove andrai ti permetterà di avere una vita dignitosa come ce l’avevi lì a Padova o ti terrà tutto il giorno chiuso in una cella.

Mi auguro di no, ma mi sento impotente, per tutto questo non posso fare nulla, purtroppo sei nato al sud in un contesto sbagliato. Certe volte penso che tutto questo non è servito a nulla, visto che siamo al punto di partenza e non so come potresti dimostrare a chi decide che tu sei una persona veramente cambiata. E così siamo ancora con la valigia in mano, ma purtroppo non per tornare a casa