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di Eleonora Martini

Il Manifesto, 5 gennaio 2024

Dalla campagna elettorale in poi, la stretta relazione instaurata tra il sottosegretario di Fd’I e gli agenti. Nel suo Piemonte e non solo. La grigliata Sappe nel carcere di Biella, la cena Uspp nel giorno del rinvio a giudizio. Era il 27 luglio scorso quando il sindacato Sinappe si prese la libertà di organizzare, all’interno del carcere di Biella - nel cortile - una grigliata serale con tanto di logo della polizia penitenziaria alla quale parteciparono, secondo l’interrogazione parlamentare presentata subito dopo dal Pd, oltre ad alcuni dei 23 poliziotti che a febbraio vennero sospesi perché indagati di tortura nei confronti di tre detenuti della casa circondariale biellese, anche il sindaco leghista della città Claudio Corradino e il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove. Sulla lista degli invitati mancava però - per fare un esempio che descrive meglio la situazione - la Garante territoriale dei detenuti, Sonia Caronni.

Ecco perché chiedere, come ha fatto ieri il dem Sandro Ruotolo, se “davvero la presidente Meloni pensa che la sospensione da Fratelli d’Italia del deputato pistolero Emanuele Pozzolo, indagato per lesioni colpose, possa chiudere la vicenda del capodanno” di Rosazza (Biella) e se “davvero il sottosegretario Delmastro può sostenere la sua estraneità rispetto al compagno di brindisi”, non è affatto peregrino.

La presidente del Consiglio infatti durante la conferenza stampa di ieri ha, sì, stigmatizzato l’irresponsabilità e la scarsa serietà del “suo” deputato piemontese anticipando la richiesta che Pozzolo “venga deferito alla commissione dei probiviri di Fd’I indipendentemente dal lavoro che fa l’autorità competente e che nelle more del giudizio sia sospeso” dal partito, ma il problema resta. E il problema è lo strettissimo rapporto che il sottosegretario alla Giustizia con delega alle carceri ha instaurato con certi ambienti della polizia penitenziaria, soprattutto i più destrorsi e in particolare nel suo Piemonte. Ed è proprio quando si sposta nei suoi territori che il vercellese Delmastro - come riferiscono le voci di “radio carcere” - cambia il reparto scorte e utilizza i poliziotti locali. Personale che conosce talmente bene da poter invitare alle sue feste insieme alle loro famiglie. Qualcosa del genere deve essere accaduto anche alla pro loco di Rosazza.

Ma le feste con gli agenti penitenziari, in generale, sono un must del nostro: gira per esempio un video di un Delmastro canterino alle prese con ‘O surdato ‘nnammurato durante una cena organizzata a Roma dall’Unione dei sindacati di polizia penitenziaria (Uspp) per festeggiare non si sa cosa, ma casualmente proprio nella sera del 29 novembre scorso, poco dopo il suo rinvio a giudizio per rivelazione del segreto d’ufficio nel caso Cospito. E il 4 dicembre scorso era in prima fila ad Abano Terme ad ascoltare le richieste del Sappe in tema di esecuzione penale minorile e riguardo l’uso del taser in carcere.

Ma la storia d’amore tra Delmastro e il corpo della penitenziaria è iniziata anni fa, quando scelse le carceri per la sua campagna elettorale e iniziò a girare istituto per istituto. E così, aiutato dal vuoto lasciato da un Guardasigilli (Nordio) troppo assente e da un capo Dap (Russo) troppo silente, il sottosegretario è riuscito a penetrare i cuori degli agenti, tutti, ed in particolare a diventare l’idolo della polizia penitenziaria. “Non c’è poliziotto, di destra o di sinistra, che non adori Delmastro”, riferisce ancora “radio carcere”.

Una relazione sentimentale coadiuvata da una serie di promesse, alcune delle quali parzialmente mantenute dal governo. Per esempio, ieri la presidente Meloni ha ribadito che la soluzione al sovraffollamento penitenziario non è “amnistie, indulti o tagliare i reati”, ma “rafforzare il personale di polizia penitenziaria e aumentare le carceri”. Peccato che, come spiega Mirko Manna della Fp Cgil Polizia penitenziaria, “ogni anno vanno in pensione tra le mille e le 1200 unità, e i concorsi fatti per 1400 agenti non bastano neppure a coprire il turn over. Bisognerebbe invece lanciare almeno un maxi concorso da 8 mila posti, come avvenne nei primi anni Ottanta, per coprire quelli che oggi vanno in quiescenza”.

E ancora, non c’è stato alcun bisogno di cancellare il reato di tortura, come pure promesso in campagna elettorale: è bastato infatti creare il reato di “rivolta in carcere”, inserito nel nuovo pacchetto sicurezza, per far sentire protetti gli agenti penitenziari meno capaci di gestire la rabbia. E intoccabili i veri torturatori, quelli che non accettano le telecamere in ogni angolo delle carceri e le bodycam durante il servizio.