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di Francesca Fagnani

La Stampa, 2 luglio 2023

La politica deve intervenire prima che il disagio esploda in modo così drammatico. La premier passi dalla retorica dell’underdog ai fatti, e anche la leader Pd dia risposte. Michelle e il suo carnefice sono entrambi figli di un dio minore, figli di una periferia da intendersi come luogo di esclusione e di distanza non solo geografica, ma soprattutto sociale e culturale, dove se nasci sfavorito resti tale e non c’è nemmeno nulla di eroico a cui appigliarsi, perché diciamolo nella vita ti deve dire fortuna anche a nascere underdog: esserlo troppo o alla latitudine sbagliata non funziona.

Michelle Maria Causo per esempio era nata nella periferia ovest di Roma, nelle case popolari di proprietà dell’Ater a Torrevecchia, meglio conosciute come il bronx di Primavalle; il perché vengano chiamate così è molto chiaro per chi ci vive, ma il concetto viene ribadito anche con lo spray sui muri dei diversi lotti, dove compaiono le scritte “108 bronx” o “6 bronx”, accanto a quelle inneggianti il duce, alle croci celtiche e al grido di esultanza “alalà”. Casermoni grigi e comunicanti, divisi l’uno dall’altro da pennellate verdi, azzurre e gialle e al centro quattro torri di 15 piani, alcune senza citofoni, perché li hanno bruciati, come hanno dato alle fiamme l’ascensore. “Perché qualcuno fa i dispetti, quando viene mandato via male”, racconta una ragazza che vive in una delle torri. Dentro è un via vai di acquirenti, prendono la dose e se ne vanno. Ogni tanto qualcosa va storto e allora scoppiano risse e rappresaglie. “I celerini arrivano ma tanto mica possono fa’ niente, infatti quelli li guardano e se mettono pure a ride’, c’hanno vent’anni di denunce alle spalle e non è mai cambiato nulla”. Dall’altra parte della strada, nascoste nel verde incolto, spuntano baracche e carcasse di automobili, mentre nei giardinetti, i cassonetti strabordano di tutto e quei carrelli dei supermercati abbandonati ovunque fanno venire i brividi dopo quello che è successo a Michelle.

Era nata qui, a via Paolo Emilio Sfrondati, in un contesto complesso, da genitori con qualche problema di droga, forse alle spalle. Il diciassettenne cingalese che l’ha uccisa con sei coltellate alle spalle, al collo e all’addome viveva -prima di essere portato via dalla Squadra Mobile di Roma- a un paio di chilometri di distanza in linea d’aria da lì, a Primavalle, che non è certo una zona facile ma non è considerata né soprannominata il bronx, anche se mentre mi spostavo da una parte all’altra, in via Battistini, all’angolo con via dei Monti di Primavalle un uomo in macchina urlava ad un altro che si era buttato fuori in ginocchio: “Ti ammazzo, se non mi porti i soldi entro due ore, giuro che ti ammazzo”, prima di sgommare e lasciare l’altro lì terrorizzato.

L’assassino di Misci, O. come compare nelle cronache di questi giorni, passava la giornata sui social, giocava a fare il piccolo narcos, tra immagini violente e droga che a quanto pare vendeva anche attraverso la piattaforma, mentre la madre era fuori a fare le pulizie nei condomini, come faceva da una vita senza poter contare sull’aiuto di nessun altro. “Era solo un suino” ha detto ancora sporco di sangue ai poliziotti, riferendosi al cadavere di Michelle occultato in un sacco nero; “ho fatto una cazzata” ha ammesso poi senza la capacità di versare una lacrima, senza pervenire nemmeno per un attimo alla consapevolezza della gravità di quello che aveva fatto.

Possibile che nessuno si era preoccupato per questo ragazzo minorenne sballato e con precedenti per rapina che spacciava sotto agli occhi di tutti? Possibile che nessuno si è occupato di una ragazza diciassettenne che lo frequentava e che stava accumulando troppe assenze a scuola? Ma quando una famiglia non funziona o non ce la fa, a chi tocca il compito di gestire le fragilità e la devianza giovanile tanto più quando si manifestano in modo così eclatante? Gli operatori sociali sono troppo pochi e mal distribuiti nelle zone di maggior malessere sociale e la scuola, come la famiglia, ha perso da tempo la funzione di agenzia educativa. Questa di Primavalle prima di essere un bruttissimo fatto di cronaca nera, è una storia di abbandono che dovrebbe attirare l’attenzione della politica e di chi ha la possibilità di intervenire prima e strutturare una rete che intercetti il disagio dei giovani prima che esploda in modo così drammatico. Sarebbe interessante ricevere a riguardo una proposta da parte della premier Giorgia Meloni, affinché dalla retorica dell’underdog si passi finalmente ai fatti, così come pure sarebbe opportuno riceverla dalla segretaria del Pd Elly Schlein, che l’altro giorno ha dato il via alla sua campagna militante sul salario minimo dal Pigneto, il quartiere periferico più cool di Roma, con un bel giro di gente del cinema, tra bar e ristoranti alla moda. Qualche anno fa il Pd guidato da Maurizio Martina inaugurò la sua direzione -con telecamere e fotografi al seguito- a Torbella Monaca, poi lì da quel giorno non si sono più visti.

Ci auguriamo che le periferie tornino al centro della politica e non solo della propaganda, altrimenti della morte di una ragazzina di diciassette anni resterà a terra solo la solita guerra tra poveri che si intravede già nei commenti di questi giorni e negli insulti rivolti non solo all’assassino, ma anche ai suoi familiari: “Vi facciamo scappare dall’Italia”. Non basta lasciare che se la cavino da soli.