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di Sarah Martinenghi

La Repubblica, 2 marzo 2024

Gian Carlo Caselli, ex magistrato antiterrorismo e antimafia, come valuta quello che è successo a Torino? Ad aggredire la volante della polizia è stato un gruppo di esponenti dell’area anarchica, mentre il corteo e la protesta hanno visto la partecipazione di autonomi di Askatasuna. Che lettura si può dare: c’è stata compartecipazione o una divisione dei ruoli?

“È un fatto grave e la ricostruzione parte ovviamente dalle immagini e dalle cronache, ma disegnare una linea di demarcazione fra compartecipazione e divisione dei ruoli, con la conseguente attribuzione di responsabilità personali, è compito dell’autorità giudiziaria: a inchiesta appena iniziata mi sembra doveroso attendere gli sviluppi”.

C’è un filo conduttore, secondo lei, nella violenza accaduta a Torino e quella di Pisa e Firenze?

“I fatti di Pisa-Firenze e quelli di Torino appartengono a due mondi diversi. In un caso giovani che manifestavano per delle idee e la polizia che sembra aver disatteso il principio di proporzione fra offesa (temuta) e difesa, con il pericolo che sulla polizia tutta si riversi - ingiustamente - un danno di immagine e di credibilità. A Torino, poliziotti che stavano adempiendo un atto di servizio sottoposti ad un’aggressione di tipo squadristico per impedire quell’atto dovuto”

La trattativa tra Askatasuna e il Comune per il rilascio del centro sociale ha creato polemiche e divisioni nette tra favorevoli e contrari: alla luce di quello che si è verificato ieri ha ragione chi dice che c’era da aspettarselo?

“Se risulterà davvero un qualche contributo di militanti di Askatasuna le polemiche e le divisioni sono inesorabilmente destinate ad aumentare. Nel qual caso sarebbe utile anche una presa di posizione dei cosiddetti garanti”.

La tensione con la polizia si è alzata di livello? C’è chi ha parlato addirittura di un rischio di eversione: lei lo intravede?

“Se per rischio di eversione intendiamo un rigurgito degli anni di piombo direi di no. Ma senza mai dimenticare l’insegnamento, che ho già più volte citato, del cardinal Martini in un discorso pronunciato a Milano alla vigilia della festa di Sant’Ambrogio, il 6 dicembre 2001: “Chi di noi ha l’età per ricordare i primi tempi della contestazione sa che la noncuranza e la leggerezza ostentata anche da chi avrebbe avuto la responsabilità di giudicare e di punire, rispetto ad atti minori di vandalismo e disprezzo del bene pubblico, ha aperto la via a gesti ben più gravi e mortiferi. Chi getta oggi il sasso e si sente impunito, domani potrà impugnare la pistola”“.

L’uomo di origine marocchina a bordo della volante della polizia, del quale volevano bloccare il rimpatrio, aveva 13 condanne alle spalle di cui una per violenza sessuale ed era stato fermato mentre faceva scritte contro la polizia, e anche “Palestina free”. In queste proteste può esserci una saldatura tra gli anarchici e i movimenti pro-Gaza?

“Il tentativo di saldatura con qualche “movimento” rientra nella logica di chi le pensa tutte per provare a nascondere o far dimenticare le sue “colpe”. Qui però c’è anche un problema di malfunzionamento della giustizia che Nordio e compagnia, invece di risolvere, aggravano in ogni modo a colpi di bavagli, meccanismi barocchi per le intercettazioni, procedure ancor più lunghe di quelle eterne già vigenti e via con altre pensate del genere. Per la serie: chi la dura, a sfasciare la giustizia, la vince”.