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di Loredana Lipperini

La Stampa, 19 ottobre 2022

Consta di una sola frase, o quanto meno è la sola leggibile al momento: “Modifica dell’articolo 1 del codice civile in materia di riconoscimento della capacità giuridica del concepito”. È il disegno di legge (atto del Senato n.165, XIX legislatura) presentato da Maurizio Gasparri, Forza Italia, nonché primo attacco ufficiale alla legge sull’aborto, sferrato senza che il governo Meloni sia ufficialmente insediato. Non è vero, dunque, che la 194 non si tocca: si prova anzi a smantellarla prima che un solo ministro abbia giurato.

Per chiarire: l’articolo uno del codice civile (“delle persone e della famiglia”), recita così: “La capacità giuridica si acquista dal momento della nascita” e “i diritti che la legge riconosce a favore del concepito sono subordinati all’evento della nascita”. A far saltare la legge attraverso la modifica di quell’articolo hanno provato in parecchi. Un anno fa, l’allora senatrice Udc Paola Binetti promuove una proposta di legge di iniziativa popolare che recita così: “Ogni essere umano ha la capacità giuridica fin dal momento del concepimento”. Prima ancora, nel 2019, un gruppo di deputati della Lega aveva presentato una proposta di legge sull’adottabilità del concepito come alternativa all’interruzione di gravidanza, nei fatti adombrando la possibilità di riconoscergli, appunto, capacità giuridica.

È una vicenda che non finisce: c’è sempre un momento della storia in cui qualcuno prova a disfare quanto è stato fatto con una legge ottenuta dopo anni di morte per ferro da calza. Perché è inaccettabile, per costoro, che le donne abbiano diritto di decidere sul proprio corpo. Nel 1992 fu Giuliano Amato, presidente del Consiglio, a sostenere che la vita doveva essere protetta “una volta che si è formata”. Nello stesso anno, in commissione Giustizia veniva approvato un emendamento di Carlo Casini (leader del Movimento per la vita) che estendeva la “protezione dell’infanzia alla fase prenatale”.

Corsi, ricorsi. Ma questa volta c’è da aver paura davvero, e non solo perché i tempi stanno cambiando e la stessa opinione pubblica si dichiara molto poco interessata ai diritti (qualcuno ha adombrato che la sinistra ha perso le elezioni perché si occupa troppo di quella faccenda “secondaria” che i diritti sono). Ma perché gli antiabortisti e i no-choice hanno fatto rete.

A maggio, poco prima della decisione della Corte suprema degli Stati Uniti sull’aborto, un articolo apparso su The Guardian ha dato conto di una rete internazionale, Agenda Europa, composta da organizzazioni ultra-religiose e di estrema destra, che si incontrerebbe a cadenza regolare. Secondo il quotidiano inglese, in Italia avrebbe preso piede nel 2019, in occasione del Congresso mondiale delle famiglie cui intervennero Matteo Salvini e Giorgia Meloni, che allora dichiarò: “Molte abortiscono perché non hanno alternative, non c’è autodeterminazione quando si può fare un’altra scelta”. Infatti, com’è tristemente noto, nelle gran parte delle regioni italiane (specie quelle governate dalle destre) scegliere di interrompere la gravidanza è già quasi impossibile. È dunque tragicamente prevedibile questo primo atto di un governo che ancora non c’è, ma che già muove la prima pedina sulla scacchiera strizzando l’occhio a Polonia e Ungheria. Insieme contro le donne. Ma non sarà così facile. Non lo è mai, quando si prova a far briciole di un diritto.