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di Mario Tosati

Il Resto del Carlino, 6 aprile 2022

È accaduto ieri, poche ore dopo la notizia sulla bocciatura da parte del Riesame della richiesta di domiciliari. La notizia sulla bocciatura da parte del tribunale del Riesame della sua richiesta di domiciliari a casa della madre in Sicilia, gli era giunta giusto ieri mattina.

L’uomo - un 58enne autotrasportatore - poco dopo si è tolto la vita all’interno del carcere cittadino dove si trovava dal 13 marzo scorso per via di fatti commessi nei confronti della moglie dalla quale si stava separando. Quel giorno, una domenica, era andato a cercare la donna con una pistola calibro 7.65 in tasca con caricatore inserito e otto proiettili dentro. I carabinieri che lo avevano arrestato, gli avevano trovato anche una corda con cappio riposta nell’armadio in camera. Il gip, che aveva poi disposto la custodia cautelare in carcere, aveva rilevato una “apparente risoluzione omicidiaria e suicidiaria” del 58enne anche sulla base degli appunti vergati sui taccuini trovati a casa sua nei quali l’uomo, che era incensurato, palesava il suo desiderio di regolare i conti con la ex e poi di farla finita.

“Una bruttissima notizia, siamo sconvolti” ha detto il suo legale, l’avvocato Cristofero Antonio Alessi del Foro di Catania. Secondo quanto spiegato dal legale, la comunicazione dell’esito del riesame “mi è giunta alle 10.08”. Contestualmente la decisione dev’essere probabilmente stata comunicata anche al 58enne. Di fatto “alle 14.02 il direttore del carcere mi ha chiamato per avvisarmi”. Un lasso di tempo così breve insomma da lasciare supporre che le due cose - esito riesame e gesto estremo - possano essere collegate tra loro.

L’ultima volta si erano sentiti venerdì scorso proprio in occasione dell’udienza: “Mi sono collegato a distanza e niente lasciava presagire un epilogo così tragico: un colloquio normale, abbiamo parlato, scherzato, proprio niente faceva pensare a ciò che è accaduto”. In una nota, il segretario nazionale della Uilpa polizia penitenziaria Domenico Maldrizzi, ha spiegato che l’uomo “si è impiccato legandosi alle grate” e che “a rinvenire il corpo esanime, è stato il suo compagno di cella” il quale “non si è accorto del gesto estremo: nonostante abbia immediatamente dato l’allarme, a nulla sono valsi i soccorsi immediati”. Maldrizzi ha anche aggiunto che “quella cui stiamo assistendo è una carneficina che, in un Paese che voglia dirsi civile, va immediatamente fermata. Se si continuasse con questa media, in un anno morirebbero ben oltre cento detenuti”. Per questo motivo “servono interventi urgentissimi per migliorare le strutture e le infrastrutture ma soprattutto per potenziare gli organici della polizia penitenziaria, mancanti di 18 mila unità, e per fornire gli equipaggiamenti”.