di Lorenzo Priviato
Il Resto del Carlino, 10 marzo 2023
A soli 23 anni fu trovato suicida in cella. Era il 16 settembre 2019, le guardie lo trovarono impiccato a un cappio rudimentale. Dell’iniziale procedimento per istigazione al suicidio, a carico di ignoti, fu chiesta l’archiviazione. Ma la madre, Elisabetta Corradino, non si è mai rassegnata a quel tragico epilogo, convinta del fatto che le richieste di aiuto del figlio fossero rimaste inascoltate.
Lo scorso novembre il caso era stato riaperto e l’altro giorno il Gup Andrea Galanti, accogliendo la richiesta dalla Procura, ha rinviato a giudizio lo psichiatra del carcere con l’accusa di omicidio colposo. Il professionista 65enne - difeso dagli avvocati Guido Maffuccini e Delia Fornaro - consulente esterno della casa circondariale e accreditato come medico Ausl, secondo l’accusa nel corso dell’ultima visita medica del giovane detenuto ne avrebbe considerato lo stato clinico al di sotto delle tematiche autolesive depressive, abbassando il rischio suicidiario dal livello medio a lieve, con contestuale revoca della necessaria sorveglianza, favorendo in questo modo il tragico epilogo.
La difesa chiedeva di circostanziare l’accusa con ulteriori dettagli. La famiglia del 23enne si era già costituita parte civile con la tutela dell’avvocato forlivese Marco Catalano, che ha ottenuto l’autorizzazione dal giudice a citare come responsabile civile l’Ausl - che si è costituita con la tutela dello studio Carli di Bologna - mentre non si è costituita l’assicurazione dello specialista, che potrà essere comunque chiamata a risarcire. Il processo, davanti al giudice monocratico, partirà solo a marzo 2024.
La famiglia, di origini calabresi, ha abitato a Cervia per 23 anni. Dopo la morte di Giuseppe i genitori sono tornati a Catanzaro. In seguito all’iniziale richiesta di archiviazione, Elisabetta Corradino aveva chiesto ulteriori verifiche allegando documentazione medica secondo la quale i campanelli d’allarme per capire la gravità della situazione si erano ampiamente manifestati.
Giuseppe in carcere era finito per un’accusa di furto, cui si era aggiunta quella di stalking da parte della ex fidanzata. Era in attesa della risposta di una comunità di recupero di Marradi, ma dopo meno di un mese dall’inizio della detenzione fu trovato impiccato. In uno scritto pensato come testo di una canzone Giuseppe aveva manifestato tutto il proprio disagio. Nel testo pone in evidenza tutta la propria sofferenza per la detenzione in cella, l’amore che provava per la ex compagna e il timore di non avere un futuro.