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di Liana Milella

La Repubblica, 9 febbraio 2023

Com’era già accaduto per l’ergastolo “ostativo” l’8 novembre, quando la Corte ha rinviato gli atti alla Cassazione (che deciderà l’8 marzo), adesso rimanda le carte ai giudici di sorveglianza di Perugia e Avellino per valutare le loro istanze alla luce del primo decreto del governo Meloni del 31 ottobre. Bisogna partire dal decreto Rave, il primo del governo Meloni, convertito a fine dicembre, che contiene anche le nuove regole sull’ergastolo “ostativo” e sui reati “ostativi”, per capire la decisione presa oggi dalla Corte costituzionale. Che, su questi temi, ha solo rinviato la pratica ai giudici di Perugia ed Avellino.

Per capire è indispensabile una premessa. Si chiamano “ostativi” - nel senso che bloccano la liberazione condizionale e la gamma dei permessi possibili - tutti i reati che hanno a che fare con mafia e terrorismo. Dal 1975 lo imponeva la legge Gozzini all’articolo 4bis, che legava la concessione dei permessi e della liberazione condizionale alla collaborazione del detenuto con i giudici. Con due sentenze, la Consulta ha scardinato l’automatismo e ha imposto al Parlamento di riscrivere le regole. È arrivato, dopo 18 mesi, e solo con il governo Meloni, il decreto Rave - firmato dal Guardasigilli Carlo Nordio - che pur accettando la linea della Consulta tuttavia ha stretto moltissimo la strada, divenuta un microscopico sentiero, per accedere a permessi e liberazione. La collaborazione non è più obbligatoria. In compenso dall’elenco dei reati sono scomparsi, su proposta del centrodestra, la corruzione, il peculato, e tutti i delitti contro la pubblica amministrazione.

Questo breve excursus è d’obbligo per capire che cosa è accaduto oggi, 8 febbraio, alla Consulta. Che aveva sul tavolo due istanze di altrettanti giudici: il tribunale di sorveglianza di Perugia e il magistrato di sorveglianza di Avellino. I quali in sostanza chiedevano se fosse possibile aprire la via dei permessi senza la collaborazione. La Corte - relatore il giudice costituzionale Nicolò Zanon, che è divenuto il referente abituale su questi argomenti - ha semplicemente rinviato il problema ai giudici stessi e gli ha detto: adesso dovete leggervi bene il decreto Rave, dovete valutarlo anche dal punto di vista costituzionale, e decidere se potere applicarlo così com’è oppure dovete tornare di nuovo a bussare alla nostra porta.

È lo stesso criterio che la Consulta, per se stessa, ha adottato l’8 novembre quando sono scaduti i sei mesi di proroga concessi al Parlamento proprio sull’ergastolo ostativo. Il 15 aprile del 2021 la Corte boccia quelle regole che consentono la liberazione condizionale solo se c’è la collaborazione, se, cioè, il mafioso è pentito. La Corte dà alle Camere un anno di tempo per cambiare la legge. L’anno passa inutilmente. E lei allora concede altri sei mesi. La legislatura si chiude, la nuova legge sull’ergastolo passa solo alla Camera, al Senato il centrodestra non la fa convertire. Gli italiani vanno al voto. E premiano Meloni. Il primo atto del governo è proprio il decreto Rave che, a parte la norma sui Rave party, piglia anche il testo sull’ergastolo della Camera e lo trasforma in decreto legge con vari e ulteriori inasprimenti, tra cui buttare nel cestino i reati della pubblica amministrazione.

L’8 novembre, quando scadono i sei mesi, la Consulta fa esattamente quello che ha fatto oggi. Prende la pratica e la rimanda al cosiddetto giudice rimettente, la Cassazione, per la penna di Giuseppe Santalucia. Sì, proprio lui, il presidente dell’Anm, nonché fine giurista ed ex direttore dell’Ufficio legislativo di via Arenula con il Guardasigilli Andrea Orlando, che ha sollevato il caso. Poteva decidere direttamente? Gli alti giudici dicono di no. Il buon senso direbbe di sì, se non altro perché ci sono detenuti, come l’ergastolano Francesco Pezzino che per primo ha sollevato tutta questa faccenda ormai da 5 anni, tuttora in attesa di una risposta. E ovviamente senza poter ottenere, in quel caso, la liberazione condizionale.

Niente da fare. Il faldone torna alla Suprema corte. Che avrebbe dovuto decidere il 25 gennaio, alla vigilia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. E invece, per colpa (davvero incredibile) della procura che si scorda di presentare la sua memoria, la decisione viene ancora una volta rinviata. All’8 marzo. Oggi toccava di nuovo alla Consulta. E che ha fatto? Ha rinviato anche lei ai giudici. E pure la Cassazione potrebbe fare lo stesso. Rinviare tutto il fascicolo al giudice di sorveglianza dell’Aquila al quale per la prima volta si è rivolto Pezzino che voleva la liberazione condizionale per uscire dall’ergastolo ostativo.