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di Paola Rossi

Il Sole 24 Ore, 21 giugno 2023

Sufficiente è l’avvio di tale ravvedimento e se riconosciuto dal giudice non può essere pretermesso per i precedenti dei familiari. In caso di reati ostativi alla fruizione di benefici penitenziari e in assenza di prova dell’impossibilità della collaborazione con la giustizia, la possibilità di concedere un permesso premio all’ergastolano recluso da più di 25 anni è legata all’accertamento dell’assenza di rischi di ricostituzione di legami con la realtà della criminalità organizzata.

A nulla rileva la sola sussistenza di precedenti penali in capo ai familiari dell’ergastolano che chiede la fruizione del permesso premio. Rilevante invece, ai fini di una decisione negativa da parte del giudice, è la possibilità che il detenuto possa trovarsi in un ambiente connesso al clan di appartenenza o a nuovi clan di cui va accertata l’estraneità dei familiari del richiedente il beneficio.

La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 26557/2023 - ha annullato la decisione di rigetto del reclamo del detenuto contro il diniego del permesso premio in quanto i giudici avevano dato peso rilevante alla circostanza dei pregressi precedenti penali dei familiari che questi avrebbe incontrato al di fuori del carcere, senza però tenere conto che tutti erano risalenti nel tempo e non indicavano attuali rapporti con la criminalità organizzata.

Inoltre la sentenza, ora annullata con rinvio, contraddittoriamente indicava come intrapreso il cammino di pentimento del condannato al carcere duro, ma facevano rilevare che tale percorso di revisione critica non era stato concluso. La Cassazione sul punto precisa che è invece sufficiente la stabile intrapresa di tale revisione del proprio operato criminale.

L’unico punto che invece meritava approfondimento da parte del giudice era quello della ricostituzione in area tarantine di piccoli clan familiari dopo il discioglimento della più antica e più potente cosca cui apparteneva il detenuto e nell’ambito della quale questi aveva commesso i gravissimi reati che lo avevano condotto in carcere. Infatti, i giudici invece di individuare il concreto rischio di adesione dell’ergastolano alle nuove formazioni criminali di taglio familiare, si erano limitati a sottolineare l’esistenza di precedenti penali in capo ai familiari del richiedente da lì derivando apoditticamente la sussistenza del rischio di ricostituzione di legami con il crimine organizzato. Questa è il punto che il giudice del rinvio dovrà appurare compiutamente.

Infine, fa rilevare il ricorso, e la Cassazione conviene sul punto, che la richiesta di trascorrere il tempo del permesso premio con la famiglia non riguardava l’area geografica di provenienza del detenuto. Ciò sarebbe piuttosto sintomo di assenza del rischio di ricostituzione di un ruolo all’interno della criminalità organizzata da cui proveniva il condannato. E anche tale punto sarà oggetto di vaglio in sede di rinvio.