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di Liana Milella

La Repubblica, 14 giugno 2022

Il giurista ed ex pm Nello Rossi: “Sulle regole del Csm mi auguro che la ministra Cartabia e il Parlamento ascoltino le critiche più argomentate”. “I referendum, lo dice la Costituzione, sono validi solo se vivificati da una genuina e ampia partecipazione popolare al voto”. Nello Rossi, oggi direttore di Questione giustizia, la rivista online di Magistratura democratica, ma per tutta la sua vita pubblico ministero, dice “no” all’ipotesi di abbassare il quorum.

È andato a votare o no?

“Si, e ho votato cinque no. Ma l’ho fatto con la sensazione di prendere parte a referendum non solo criticabilissimi ma anche nati morti, vittime dell’enfasi, del rumore e della furia con cui sono stati presentati”.

Lei ha scritto che il non voto non è “frutto d’inerzia e apatia politica”, ma “risponde alla logica del referendum abrogativo disegnato dalla Costituzione”. Ne è sempre convinto?

“Più che mai. I referendum, lo dice la Carta, sono validi solo se vivificati da un’ampia partecipazione popolare al voto. È questo il valore e il significato del quorum. E se i quesiti sono astrusi e ingannevoli, un elettore razionale è libero di “partecipare” al referendum non recandosi alle urne”.

Il sottosegretario forzista alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, noto avvocato e delegato dalla ministra Marta Cartabia a seguire in aula la riforma del Csm, dice che “chi non è andato a votare non è detto che disapprovi il contenuto dei quesiti”. E che “il mancato voto non significa voto contrario”. Ma è proprio così?

“Nel vivo della campagna Sisto aveva detto: non votare è “un illecito costituzionale”. Un’affermazione - voglio essere sobrio - totalmente infondata. Ora s’impegna nella ricerca dei possibili significati del non voto. Non lo seguo in questa arrampicata sugli specchi. Un dato però è certo: tra chi non è andato a votare ci sono moltissimi che hanno detto di non voler stare al gioco di referendum artificiosi o pericolosi”.

Quanto “valgono” i Sì - 53,9% per eliminare la Severino, 56,12% per vietare la carcerazione preventiva di fronte al pericolo di ripetere il reato - ma espressi dal 20% che ha votato, come segnale “politico” per cambiare quelle leggi?

“La vera sorpresa della consultazione è l’esito sul filo di lana di questi due referendum. I promotori li avevano presentato come l’avvio di una rivoluzione e come un appello al popolo per cambiare la giustizia. Puro populismo referendario. Beh, non solo hanno risposto in pochi all’invito, ma in questa minoranza i ‘no’ sono stati numerosissimi. Ha pesato la giusta preoccupazione per gli esiti disastrosi che un successo di queste due iniziative avrebbe avuto per la tenuta della legalità”.

E come giudica il 74,01% per separare le carriere?

“Se nell’epoca della microchirurgia c’è chi ancora preferisce affidarsi ai segaossi bisogna prenderne atto. Ma la separazione delle funzioni che sarebbe scaturita dal referendum era la soluzione più inefficiente. Se non altro perché avrebbe cristallizzato la divisione sin dal momento della graduatoria del concorso iniziale. Uno sproposito in termini di buona amministrazione delle risorse umane”.

La ministra Cartabia è più forte con la sua riforma del Csm da votare al Senato?

“Dopo i referendum le prove di forza e gli esercizi muscolari dovrebbero essere messi da parte. Mi piacerebbe che la ministra e il Parlamento si misurassero con i meditati consensi e le critiche argomentate sin qui ricevute. C’è spazio per migliorare il testo legislativo, e ce n’è bisogno”.

I referendum sono stati importanti nella storia italiana. È giusto chiedere che il quorum passi dal 50 addirittura al 25%?

“Così una legge approvata dalla maggioranza dei rappresentanti del popolo potrebbe essere cancellata da una minoranza di elettori? No, grazie. Sarebbe un rilancio dettato da pura protervia. Teniamoci stretto l’equilibrio tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta voluto dal Costituente. E non coinvolgiamo lo strumento prezioso del referendum in operazioni spericolate e fallimentari. Stavolta la prima vittima è stato proprio l’istituto del referendum”.