di Dario Musolino e Grazia Servidio
huffingtonpost.it, 10 marzo 2023
Un’indagine, condotta nella prima metà del 2020, ha coinvolto circa 30 imprese: i risultati offrono un quadro inaspettato. Sul numero 3/2022 della “Rivista economica del Mezzogiorno”, il trimestrale della Svimez diretto da Riccardo Padovani ed edito da “Il Mulino”, è stata di recente pubblicata la prima indagine condotta sulle imprese iscritte a “ReggioLiberaReggio-La libertà non ha pizzo”, una rete di imprese nata nel 2010 su iniziativa dell’associazione Libera dopo l’attentato all’imprenditore Tiberio Bentivoglio, e formata da un gruppo di imprese che sottoscrivono una campagna di legalità e di contrasto alla mafia. L’indagine, condotta nella prima metà del 2020, ha coinvolto circa 30 imprese, con sede nel comune di Reggio Calabria o in comuni limitrofi. I risultati meritano grande attenzione sotto molteplici punti di vista, restituendoci un quadro inaspettato per quanto riguarda tre aspetti in particolare.
Il primo e forse il più importante: la maggior parte delle imprese partecipanti all’indagine gode di un “buono stato di salute”. Solo il 10% dichiara di essere in perdita, mentre 9 su 10 sono in utile. Inoltre, buona parte delle imprese presenta un andamento delle principali variabili di performance (margini, fatturato, addetti) stabile o in crescita. Segno che si tratta di una platea di aziende sane che non sono state penalizzate dall’adesione alla rete, ossia dalla scelta di legalità e trasparenza; anzi, forse sono state premiate. Un dato tutt’altro che prevedibile in un contesto come quello reggino, in cui la criminalità mafiosa è notoriamente capace di condizionare l’attività d’impresa e i meccanismi di mercato. Le imprese che aderiscono alla rete fondano la loro buona performance su vari punti di forza: la qualità, ovvero un buon rapporto qualità-prezzo; le risorse umane, vale a dire la competenza e la professionalità del personale che il territorio, pur con tutti i suoi limiti, risulta capace di offrire al sistema imprenditoriale locale; la specializzazione e l’innovatività dei beni e dei servizi offerti (in vari casi, esclusivi e di nicchia). Le imprese iscritte a “ReggioLiberaReggio” incontrano invece più difficoltà su capacità commerciale; innovazione di processo, in particolare riguardo alla digitalizzazione; internazionalizzazione.
Il secondo: risalta in modo alquanto netto la forte soddisfazione delle imprese intervistate per l’adesione alla rete: circa l’80% valuta, infatti, questa esperienza positivamente o molto positivamente. La rete assolve bene la sua missione, in primis colmando quella “sensazione” di isolamento che molte di queste imprese lamentano, e costituendo quindi uno dei pochi “appigli” certi nel tessuto socio-economico e istituzionale locale. Essa, a detta delle imprese intervistate, andrebbe quindi ulteriormente ampliata, coinvolgendo una più amplia platea di aziende, e rafforzata nella sua azione di servizio, networking, e interfaccia con le istituzioni. Il fatto che queste imprese si siano associate e valutino positivamente questa esperienza sta ad indicare che cominciano a farsi strada logiche diverse dal passato, più collaborative e inclini alla denuncia.
Il terzo: aprendo lo sguardo ai condizionamenti mafiosi sull’intera economia reggina, le imprese intervistate raccontano di un quadro ancora difficile in fatto di possibilità di avviare e condurre liberamente una iniziativa imprenditoriale, ma sottolineano pure come la situazione pare essere migliorata negli anni. L’influenza mafiosa sembra non essere più così pervasiva e opprimente come in passato, ma al più “concentrarsi” su determinate aree/settori del sistema produttivo locale, quali appalti pubblici, edilizia, grande distribuzione (e meno sul commercio al dettaglio) e su alcune funzioni aziendali, come l’assunzione del personale e gli acquisti. Per la maggioranza degli intervistati lo Stato è stato capace di contrastare, con relativo successo, le organizzazioni mafiose.
Questi risultati non erano affatto scontati e varrebbe la pena valutare la percorribilità delle proposte che le stesse imprese intervistate hanno avanzato con riferimento, per esempio, alle misure di contrasto alla criminalità mafiosa, volte a rafforzare la vigilanza e il controllo del territorio, ma soprattutto all’introduzione di agevolazioni fiscali a favore delle imprese che denunciano scegliendo la legalità, a compensazione degli effetti negativi della concorrenza sleale (e delle azioni intimidatorie) che subiscono.