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di Lucio Musolino

Il Fatto Quotidiano, 24 settembre 2023

Inizierà il 20 novembre in aula bunker, a Reggio Calabria, il processo ai poliziotti della penitenziaria accusati di tortura e lesioni aggravate ai danni di un detenuto di origine campana, Antonio Peluso, considerato un esponente di spicco della camorra. Davanti al Gup Vincenzo Quaranta si è conclusa l’udienza preliminare per i 14 indagati: 8 rinvii a giudizio e 6 proscioglimenti per i fatti avvenuti all’interno del carcere di San Pietro il 22 gennaio 2022 quando Peluso, ripreso dalle telecamere interne dell’istituto di pena, aveva messo in atto una protesta, rifiutandosi di rientrare in cella dopo avere beneficiato dell’ora d’aria.

La reazione, stando alle indagini della Squadra mobile, è stata brutale. Dai filmati sequestrati, si vede che il giovane detenuto è stato colpito ripetutamente con i manganelli in dotazione di reparto, ma anche con dei pugni. Gli agenti coinvolti, inoltre, lo hanno fatto spogliare lasciandolo semi nudo, in pieno inverno, per oltre due ore nella cella. A denunciare le violenze subite, a distanza di alcuni giorni, era stato lo stesso Peluso togliendosi la maglietta nel corso di un collegamento in videoconferenza col Tribunale di Napoli e mostrando i segni delle percosse ai giudici, che hanno poi segnalato i fatti alla Procura di Reggio Calabria.

Da qui l’apertura dell’inchiesta, coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Giuseppe Lombardo e dal sostituto Sara Perazzan. Lo scorso novembre, erano finiti ai domiciliari sei indagati tra cui il comandante della penitenziaria Stefano La Cava, il principale imputato del processo che inizierà tra qualche settimana. Assieme a La Cava, sono stati rinviati a giudizio gli agenti Fabio Morale, Domenico Angelo Cuzzola, Pietro Luigi Giordano, Placido Giordano ed Alessandro Sgrò, il medico Sandro Parisi e l’infermiere Carlo Paga. Questi ultimi due sono accusati di “depistaggio” perché secondo gli inquirenti avrebbero affermato il falso “ostacolando e sviando le indagini”.