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di Filippo Fiorini

La Stampa, 14 luglio 2023

I fatti risalgono allo scorso 3 aprile e si svolgono nella casa circondariale di Reggio. Obbligo di firma e sospensione dai pubblici uffici per 10 agenti della polizia penitenziaria di Reggio Emilia. Lo ha chiesto la procura della città emiliana e ha ottenuto l’ok dal giudice, accusandoli dei reati di tortura, lesioni e falso ideologico, ai danni di un detenuto tunisino di 40 anni.

I fatti risalgono allo scorso 3 aprile e si svolgono nella casa circondariale di Reggio. Secondo quanto denunciò all’epoca il 40enne, una ventina di agenti lo aveva obbligato a spogliarsi e sdraiarsi a pancia in giù sul pavimento, incappucciandolo e colpendolo per diversi minuti con pugni alla schiena. Successivamente, il detenuto era stato trasferito in isolamento e poi presso un altro carcere.

Nel referto medico redatto a valle dell’episodio dall’ospedale Santa Maria Nuova, erano state riportate ferite minori. Uno dei rapporti redatti dagli agenti di penitenziaria, invece, dava conto di precedenti atti autolesionistici commessi dall’uomo contro se stesso. Sono però tre le relazioni di servizio che, secondo i Carabinieri di Reggio e il procuratore Gaetano Calogero Paci, “attestavano un diverso svolgimento dei fatti”.

Oltre al Nucleo Investigativo dell’Emilia-Romagna, all’inchiesta hanno collaborato anche gli omologhi di Padova e Milano, possibilmente perché in queste località sono stati trasferiti alcuni dei denunciati, che nell’esposto originale erano circa 20. Per un pubblico ufficiale riconosciuto colpevole del reato di tortura, la pena può arrivare fino ai 12 anni di carcere. Introdotto nell’ordinamento italiano nel 2017, lo scorso 24 marzo alcuni parlamentari della coalizione di governo hanno presentato alla Camera una proposta per abrogarlo, sostenendo che, così come è attualmente scritto “potrebbe comportare la pericolosa attrazione di tutte le condotte dei soggetti preposti all’applicazione della legge, in particolare del personale delle Forze di polizia che per l’esercizio delle proprie funzioni è autorizzato a ricorrere legittimamente anche a mezzi di coazione fisica”.