di Maria Corbi
La Stampa, 11 febbraio 2024
Il Garante nazionale dei detenuti sta effettuando ulteriori verifiche sul caso delle torture nel carcere di Reggio Emilia documentate in un video e sull’intero istituto. A quanto si apprende, aldilà dell’inchiesta della Procura, il Garante punta ad approfondire le circostanze e il contesto complessivo in cui è emerso il singolo caso, per un’ampia verifica. Nei prossimi giorni potrebbe quindi essere prevista un’ispezione all’interno dello stesso istituto.
Il caso - Il pestaggio subito da un 40enne detenuto tunisino, il 3 aprile in un corridoio dell’istituto di Reggio Emilia, è documentato dai video delle telecamere interne, finiti agli atti dell’inchiesta chiusa dalla Procura reggiana a carico di 10 agenti, otto accusati di tortura. Nelle immagini si vede incappucciato con una federa, messo pancia a terra con uno sgambetto e poi preso a pugni sul volto e sul costato, calpestato con gli scarponi, trattenuto alcuni minuti per braccia e gambe dagli agenti della polizia penitenziaria. Poi denudato e sollevato di peso, sempre col cappuccio in testa, viene trascinato in cella. Lì l’uomo viene nuovamente picchiato e lasciato completamente nudo dalla cintola in giù per oltre un’ora, malgrado nel frattempo si fosse ferito e sanguinasse.
L’inchiesta sugli agenti penitenziari - La pm della Procura di Reggio Emilia Maria Rita Pantani ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti di polizia penitenziaria accusati, a vario titolo, di tortura, lesioni e falso. L’udienza preliminare è stata fissata per il 14 marzo davanti alla Gup Silvia Guareschi. L’indagine conclusa si riferisce a quanto avvenuto il 3 aprile 2023 e in otto sono accusati di tortura e lesioni. A luglio scattarono anche dieci misure interdittive disposte dal Gip Luca Ramponi che definì il comportamento dei poliziotti, nell’ordinanza, “brutale, feroce e assolutamente sproporzionato”.
Otto di loro sono attualmente sottoposti a misura cautelare. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Federico De Belvis, Alessandro Conti, Nicola Tria, Luigi Marinelli, Sinuhe Cucuraci e Carlo De Stavola, la vittima dall’avvocato Luca Sebastiani. Tre, due viceispettori e un assistente capo, rispondono di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale per aver attestato circostanze false nelle relazioni di servizio, al fine di ottenere l’impunità. Il comportamento è stato ricostruito anche grazie alle immagini delle telecamere interne al carcere.
L’intervento di Nordio - “Provo sdegno e dolore, sono immagini indegne per uno Stato democratico. In attesa che la magistratura ricostruisca i fatti e accerti le responsabilità, voglio sottolineare come sia stata la stessa Polizia penitenziaria a svolgere le indagini, su mandato della Procura. L’amministrazione penitenziaria tutta è la prima ad auspicare che si faccia luce fino in fondo sulla vicenda: siamo impegnati a garantire la legalità in ogni angolo di ogni istituto”, così il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sull’inchiesta di Reggio Emilia.
Le parole del ministro Piantedosi - “Fermo restando che tutto deve essere accertato nelle sedi competenti, e quindi dare giudizi molto netti preventivamente è sempre qualcosa che deve avere un certo riguardo - dice il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, conversando coi cronisti a Imola - è ovvio che non sono cose accettabili. Ogni volta che una persona è ristretta, sotto la vigilanza di organi dello Stato, deve essere assicurata la dignità della persona in modo duplice rispetto alle normali condizioni”.
Il Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna - “Le immagini del violento pestaggio di un detenuto nell’istituto penale di Reggio Emilia rappresentano una pagina nera della gestione carceraria nella nostra regione” ha detto il garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri, Il garante, contattato dal legale del detenuto dopo la denuncia agli agenti della penitenziaria, aveva già incontrato il tunisino (nel frattempo trasferito a Parma), per accertarsi delle sue condizioni. “Non si può che provare un senso di ripugnanza e dolore - continua Cavalieri - nel vedere uomini in divisa usare metodi non solo illegali ma che tolgono ogni sembianza umana a un uomo incappucciandolo, colpendolo con pugni e calci, rendendolo totalmente vulnerabile e indifeso”. Quindi la condanna del garante: “Esprimo ferma condanna verso quanto visito nelle immagini, rivolgo invece un plauso alla Procura di Reggio Emilia che ha condotto l’indagine avvalendosi anche del nucleo investigativo regionale della Polizia penitenziaria”