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di Alessandra Codeluppi

Il Resto del Carlino, 9 febbraio 2024

Il pubblico ministero Maria Rita Pantani ha chiesto il rinvio a giudizio per dieci agenti di polizia penitenziaria accusati, a vario titolo, di tortura e lesioni - oltreché di falso - nei confronti di un tunisino 44enne, in passato detenuto nel carcere della Pulce. L’udienza preliminare è stata fissata il 14 marzo davanti al giudice Silvia Guareschi. L’indagine si riferisce ai fatti avvenuti il 3 aprile 2023, vicenda che fu anticipata dal Carlino. Nel registro degli indagati erano stati iscritti inizialmente 14 nomi: le restanti quattro posizioni sono state momentaneamente stralciate, in attesa delle motivazioni del riesame sull’appello promosso dalla Procura su coloro ai quali il gip Luca Ramponi non aveva dato la misura cautelare.

Otto degli attuali imputati sono accusati di tortura aggravata - perché commessa da pubblici ufficiali, con abuso di poteri e in violazione dei loro doveri, causando anche ferite - e di lesioni aggravate. Secondo le ricostruzioni, lui è stato incappucciato con una federa stretta al collo, che gli impediva di vedere e gli rendeva difficoltosa la respirazione. Poi colpito con pugni al volto mentre veniva spinto, con le braccia bloccate, verso il reparto di isolamento. E fatto cadere a terra con uno sgambetto, poi colpito con schiaffi, pugni e calci. Gli sarebbe stato torto un braccio dietro la schiena e poi sarebbero saliti sulle caviglie e sulle gambe calpestandolo. Poi è stato sollevato di peso, denudato e condotto nella cella di isolamento. Qui, non più incappucciato, sarebbe stato preso di nuovo a calci e pugni e poi lasciato del tutto nudo dalla cintola in giù per oltre un’ora, malgrado si fosse autolesionato e sanguinasse. A uno degli agenti, emerge, si contesta anche la recidiva. A luglio scattarono anche dieci misure interdittive disposte dal gip Ramponi che definì il comportamento dei poliziotti “brutale, feroce e assolutamente sproporzionato”. La parte offesa è assistita dall’avvocato Luca Sebastiani, che sporse denuncia e segnalò il caso anche all’associazione Antigone. “Abbiamo presentato un esposto. È importante che si arrivi all’udienza preliminare per poi valutare in sede giudiziaria l’accaduto ed eventuali responsabilità”, dice la presidente regionale dell’associazione Giulia Fabini.

Un viceispettore e un assistente capo rispondono solo di falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale: avrebbero attestato circostanze false nelle relazioni di servizio per ottenere l’impunità. Un altro viceispettore risponde sia di tortura e lesioni sia di falso. Il comportamento è stato ricostruito anche grazie alle telecamere. Da quanto emerso finora, le difese avevano sostenuto che la condotta avrebbe configurato non più di un presunto abuso di correzione: a loro dire, i poliziotti non hanno tratto alcun vantaggio dalle loro azioni, usando la forza solo per affrontare l’insubordinazione del detenuto.