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di Valeria Pacelli

Il Fatto Quotidiano, 20 marzo 2024

I pm: detenuto incappucciato e picchiato. E la giunta Pd non chiede di costituirsi parte civile. Il video è uno di quelli che hanno fatto più scalpore: un detenuto “scortato” da alcuni agenti, incappucciato con una federa bianca. Finisce a terra e lì viene colpito con calci e pugni. Era il 3 aprile 2023. Le immagini sono quelle delle telecamere del carcere di Reggio Emilia. Per la procura è stata tortura. Così l’8 febbraio scorso, la pm Maria Rita Pantani chiede il rinvio a giudizio per dieci agenti. Lo sdegno è generale: “Non sono cose accettabili” dice il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi.

“Sono immagini indegne per uno Stato democratico”, gli fa eco il Guardasigilli Carlo Nordio. Il 15 febbraio 2024 una delegazione di parlamentari Pd (Graziano Delrio, Andrea Rossi e Debora Serracchiani) va anche in sopralluogo. Ad accompagnarli in carcere, il sindaco dem Luca Vecchi. Eppure nell’udienza preliminare del 14 marzo scorso tra chi ha chiesto di costituirsi parte civile non c’è il Comune di Reggio Emilia. C’è però nella veste di avvocato, e non dunque con il ruolo politico, l’assessore alla legalità Nicola Tria. In quel momento non rappresenta i cittadini, ma un agente accusato di tortura e lesioni personali. Glielo consente la legge: non c’è incompatibilità, ma il caso è quantomeno singolare.

Ma facciamo un passo indietro. Il video risale al 3 aprile 2023. Quel giorno, il detenuto, un tunisino oggi 43enne (poi rappresentato dall’avvocato Luca Sebastiani), era appena uscito dalla stanza del direttore, dopo aver avuto una sanzione di isolamento per aver violato il regolamento. Mentre si dirigeva verso le celle, le telecamere riprendono il trattamento riservatogli. Un trattamento “degradante per la dignità della persona” che la Procura racconta così nel capo di imputazione: il detenuto viene incappucciato con una federa annodata e stretta al collo, viene colpito con calci e pugni, cade a terra e lì di nuovo schiaffi. Addirittura - si legge nell’atto di accusa verso alcuni indagati - gli agenti salgono “con le scarpe di ordinanza su caviglie e gambe”. Alla fine viene lasciato nella cella di isolamento della sezione “spiraglio” “nudo dalla cintola in giù per oltre un’ora, malgrado nel frattempo si fosse autolesionato e sanguinasse vistosamente”. Così otto agenti vengono accusati di tortura e lesioni, due di aver attestato il falso nelle relazioni di servizio.

Il 14 marzo, dunque, c’è l’udienza preliminare: chiedono di costituirsi parte civile il denunciante, il Garante nazionale e quello regionale dei diritti dei detenuti, le associazioni Antigone e Yairaiha. Il prossimo 8 aprile il giudice deciderà chi ammettere. La richiesta di costituzione di parte civile, non obbligatoria, non arriva né dal ministero della Giustizia, né dal Comune di Reggio Emilia. “Il Comune non è obbligato - spiega al Fatto l’assessore-avvocato Tria -. Io svolgo la mia professione, difendo una persona indagata che è presuntivamente innocente”.

Tria ribadisce che la scelta di costituirsi parte civile è della Giunta. “Se ci fosse stata una decisione in questa direzione, e non c’è stata, sarei uscito dalla stanza nel momento in cui si discuteva questa cosa. Se ci fossero state delle situazioni che potevano condurre a una incompatibilità avrei assunto le mie decisioni. La costituzione del Comune peraltro non è un automatismo”. Ed è vero: ci sono stati casi, come quello di Santa Maria Capua Vetere, dove il Comune non si è costituito parte civile, ma anche altri in cui sono state prese decisioni opposte come nel processo per le vicende del carcere Le Vallette a Torino.

“È già capitato in passato che il Comune si costituisse in processi con imputati difesi dall’assessore Tria - spiegano invece dall’ufficio stampa del sindaco Vecchi -. In queste decisioni non c’entra nulla l’assessore. Che peraltro è molto attento: non partecipa al voto quando ci possono essere dei possibili, chiamiamoli, conflitti di interessi”. E assicurano: in questo processo “c’è stata una verifica tra Giunta e ufficio legale in cui è stata rappresentata una problematicità rispetto alla possibilità di vedere accolta una richiesta di questo tipo”.